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Il
pensiero di Padre Pio
L'unico, vero bene
Soltanto Dio è l'infinito Bene, tutto il Bene. Tutto ciò che è bene, ogni altro
bene non può essere che Bene, anzi l'unico Bene. Per questo Dio ci ha fatti per
sé e ci ha dato il primo e massimo comandamento, quello di amare Lui "con tutto
il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze" (mc 12,30) Amando Lui, noi
amiamo il nostro unico e vero Bene infinito. Padre Pio ci insegna, difatti, che
"il primo moto del nostro cuore è quello di andare a Dio, che altro non è se
non amare il suo proprio e vero bene". Ciò vuol dire che soltanto amando Dio si
realizza se stessi, solo nell'amare Dio si realizza se stessi, e l'amare Dio
"con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze" fa possedere la
totalità del Bene che è soltanto Dio. Quanta insensatezza c'è in noi ogni volta
che cerchiamo il bene al di fuori di Colui che è tutto Bene! Ci disperdiamo e
ci consumiamo dietro i beni apparenti e aleatori, perdendo di vista Colui che è
l'unico e infinito Bene eterno. Ci illudiamo, anzi - e così facilmente! - che
possedere e amare le cose di questo mondo possa costituire tutto il nostro
bene, e ci affanniamo ad amare le cose di quaggiù e ci rammarichiamo se non le
abbiamo o se le perdiamo, senza renderci conto che il nostro "proprio e vero
bene", come dice Padre Pio, è soltanto l'amore e l'unione con Dio. Dobbiamo
liberare il nostro cuore dai molti lacci che lo legano alle cose terrene, alle
voglie e passioni umane, ai gusti e godimenti di questa terra, per muoverlo e
impegnarlo ad "andare a Dio", ad amare le cose divine che sono l'unico "proprio
e vero bene", ossia la nostra felicità, la nostra perfezione. Carità divina,
amore divino, bene divino: sono questi la vera, duratura, eterna ricchezza che
il Signore vuole farci possedere fin da questa vita terrena e temporanea, pur
fra le difficoltà e le tribolazioni di cui è ricca la nostra terra di esilio,
terra di triboli e spine. La carità, ossia l'amore divino, ci purifica e ci
santifica, ci eleva e e ci perfeziona nell'unione con Dio. Per questo, come
scrive Padre Pio, "a buona ragione la carità viene detta dalla sacra Scrittura
vincolo di perfezione", e dobbiamo lasciarci penetrare, possedere e avvolgere
da questo divino vincolo (cf Col 3,14) Dal Settimanale di Padre Pio
A cura di Padre Stefano M. Manelli, FI
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La crociata di Padre Pio contro la moda indecente
Padre Pio aveva molto a cuore la virtù della purezza, messa, già a quei tempi, a dura prova dalle prime minigonne ed abiti a maniche corte. Egli era, infatti, ben consapevole degli effetti nefasti della moda indecente, che induce molte anime ad acconsentire al peccato grave.
Pio esercitò durante tutta la sua vita la virtù della purezza in grado eroico e, conoscendone il sommo valore per il raggiungimento del Regno dei Cieli, voleva che anche gli altri la conservassero intatta da ogni contaminazione di peccato e la custodissero gelosamente.
Della donna Padre Pio aveva un concetto altissimo e ciò lo spingeva a denunciare tutto ciò che denigrava e sviliva la dignità femminile e che riduceva la donna ad un puro oggetto di piacere, in particolare la moda. Già prima degli anni sessanta, quando ancora non imperava la moda delle minigonne lanciata da Mary Quant, prevedendo le future tendenze della moda che avrebbero svestito le donne, Padre Pio si preoccupava di instillare in loro l'amore alla modestia e la decenza nel vestire. Esigeva quindi in modo intransigente che le donne fossero vestite decentemente, come conviene a persone timorate di Dio, prendendo come riferimento di condotta la Madonna, insigne modello di purezza liliale.
Il Santo soffrì molto per le mode scandalose, che definiva «un tremendo male» per le anime, perché inducono gli uomini al peccato, ai cattivi pensieri e ai torbidi desideri. Non poteva sopportare che le donne mercificassero il loro corpo vestendo in modo provocante per attirare su di sé l'attenzione maschile con le gonne sopra il ginocchio, con abiti scollati e senza maniche. E a quei tempi non si usavano ancora gli abiti trasparenti, le canottiere che lasciano scoperta la pancia, le gonne e i pantaloni aderenti...
Padre Pio aveva tanto a cuore il problema della purezza che le norme di condotta cristiana riguardo all'abbigliamento diventarono anche oggetto di lettere ai suoi figli spirituali. Si legge infatti nell'Epistolario: «Le donne che cercano la vanità delle vesti non possono mai vestirsi della vita di Gesù Cristo e codeste perdono ogni ornamento dell'anima, non appena entra questo idolo nei loro cuori. Il loro abito, come vuole san Paolo, sia decentemente e modestamente ornato, però senza conciature di crini, senza oro, senza gemme, senza vesti che abbiano sentore di lusso e ostentazione di fasto».
In questo, il Santo del Gargano si riallacciava mirabilmente al messaggio della Madonna di Fatima, che aveva preannunciato alla beata Giacinta, la più piccola dei tre pastorelli, la venuta di mode che avrebbero offeso Nostro Signore.
Tutte le figlie spirituali di Padre Pio seguirono il suo accorato consiglio di allungare l'orlo della gonna fin sotto il polpaccio per controbilanciare, con questa loro penitenza, il male che facevano le altre donne col portare le minigonne.
In confessionale, Padre Pio sbatteva molto spesso lo sportello in faccia alle penitenti che si presentavano in abiti disdicevoli alla sacralità del luogo, in gonne sopra il ginocchio e con camicette senza maniche o a maniche corte. Redarguiva con durezza anche quelle donne che, prima di presentarsi a lui, aprivano la cerniera e facevano scendere la gonna perché sembrasse più lunga. Spesso si sentivano frasi simili: «Pagliaccio...», «Vestiti da cristiana!», «Sciagurata, va ' a vestirti!», «Ti segherei le braccia... perché soffriresti di meno di quello che soffriresti in Purgatorio... le carni scoperte bruceranno!»
Un giorno, una signora, per andare a confessarsi da lui, si allungò occasionalmente la gonna, ma il Santo se ne accorse e la mandò via. Il pomeriggio la stessa signora fu presentata al Padre come una grande benefattrice, ed egli dispiaciuto disse: «E io stamattina ti ho dato il benservito». Ma la signora, che aveva imparato la lezione, lo ringraziò amabilmente per la riprensione.
Neppure gli uomini uscirono indenni dalla crociata di Padre Pio sulla decenza nel vestire. Ad un uomo, che era andato a confessarsi da lui in maglietta a mezze maniche, intimò con una fermezza che non ammetteva repliche: «'Vagliò, o ti allunghi le maniche o ti accorci le braccia!».
Cosa direbbe oggi Padre Pio a quegli uomini che vanno in chiesa e alla Santa Messa in tenuta da spiaggia, in braghette corte e canottiera?
Anche con i bambini, per un fine pedagogico, Padre Pio fu inflessibile. Una volta gli fu condotto un gruppo di bambini per ricevere la sua benedizione. Era estate e faceva molto caldo: i bambini indossavano i pantaloncini corti. Appena Padre Pio li vide in quella tenuta, li mandò via tutti dicendo loro: «Andate prima a vestirvi». Poi spiegò ai presenti: «Devono imparare da piccoli a conservare la loro dignità».
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Da dove siete
partiti?
Il signor Alberto
Orlando, figlio spirituale di Padre
Pio, racconta che un amico, mal
sopportando la sua devozione e il
suo amore per Padre Pio, lo prendeva
sempre in giro quando sapeva che si
recava a San Giovanni Rotondo. Tutte
le volte che lo incontrava gli
diceva che un giorno o l'altro
sarebbe andato anche lui a San
Giovanni Rotondo per tirare la barba
al famoso Padre Pio. Un giorno il
signor Orlando, prendendo la palla
al balzo lo sfidò a partire con lui
per il Gargano dove si sarebbe
recato il giorno dell'Ascensione.
Questi accettò. lì giorno tanto
atteso arrivò e alle ore sette del
mattino si ritrovarono davanti alla
chiesa del paese in tre-dici,
poiché ad essi si erano aggiunti
altri amici che volevano far
benedire dal Padre le loro
motociclette nuove. Finalmente dopo
i saluti, partirono, ma durante il
viaggio successe di tutto tanto che
riuscirono ad arrivare a San
Giovanni Rotondo solo alle cinque
del pomeriggio, giusto in tempo per
ricevere la benedizione del Padre.
Quando, poi, riuscirono ad
incontrare Padre Pio in privato,
questi diede al signor Orlando un
sonoro ceffone e presolo per un
orecchio gli chiese: "Ma da
dove siete partiti? Lo sapete che
stavate per arrivare domani mattina?
Ma ci ha pensato Padre Pio... vi ho
voluto avere qui con me questa
sera!... Allora da dove siete
partiti?". Alla risposta
che tutti ci eravamo incontrati
davanti alla chiesa del paese, il
Padre ci rimproverò: "E chi
di voi è entrato in chiesa
per salutare quella mammarella
nostra?". Infatti era
proprio così: nessuno di loro si
era ricordato di entrare in chiesa
per chiedere la benedizione della
Madonna...
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Conversione
prodigiosa
Nel
gennaio del 1842, un giovane ebreo francese,
Alfonso Ratisbonne trovandosi di passaggio a
Roma fu ospitato dal signor Teodoro Bussières,
che da tempo pregava per la conversione del
giovane, al quale era riuscito a far accettare
una Medaglia Miracolosa. Un giorno, era il 20
gennaio, dovendosi recare alla chiesa di Sant’Andrea
delle Fratte, il Bussières propose al
Ratisbonne di attenderlo sulla soglia.
Contrariamente ad ogni aspettativa, il giovane
vi entrò. Con l’atteggiamento solito,
cominciò a girovagare per la navata con
sguardo freddo e indifferente.
Improvvisamente, la Regina del Cielo gli
apparve in tutto lo splendore della sua
bellezza immacolata. Interrogato, il giovane
ebreo racconterà: "Ero da poco nella
chiesa, quando, tutto ad un tratto, mi sono
sentito invaso da un turbamento indicibile. Ho
alzato gli occhi: l’edificio era scomparso
ai miei sguardi; una sola cappella aveva
concentrato in sé tutta la luce e in quell’irradiamento
è apparsa in piedi, sull’altare, grande,
splendente, piena di maestà e di dolcezza la
Vergine Maria, così com’è sulla Medaglia.
Una forza inarrestabile mi spinse verso di
Lei. La Vergine mi fece segno con la mano di
inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: va
bene! Ella non mi ha parlato ma io ho capito
tutto! O mio Dio, io che mezz’ora prima
bestemmiavo ancora! Io che provavo un odio
così violento contro la religione
cattolica!". Da quell’istante le
Verità della fede cattolica traboccarono dal
cuore del giovane Ratisbonne, come un intenso
profumo e ai testimoni della sua istantanea
conversione, presentava la Medaglia, e
baciandola esclamava: "lo l’ho vista, l’ho
vista, l’ho vista!".
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Gesù, Re d’amore
di Pia Frani
Credere all’amore di
Gesù e farlo regnare quale sovrano del
proprio cuore: questo è l’augurio che Padre
Pio fa a tutti coloro che vogliono essere suoi
figli.
Mio carissimo Peppino,
Gesù ti guardi
sempre con occhio benevolo, trionfi con la sua
grazia nel tuo cuore e ti renda
felice!
Ecco la sintesi dei miei
voti che assiduamente vado per te facendo
dinanzi al Signore. Piaccia a lui esaudirli,
tutti e presto.
(..) Spero di
abbracciarti presto e quindi poterti in
qualche modo addimostrare quanto io ti amo nel
Signore. I padri tutti m‘incaricano di
ossequiarti. Da me poi
abbi un forte, cordiale e fraterno abbraccio.
Aff.mo in Gesù, P. Pio da Pietrelcina
(Epistolario IV pp.
634-635, ed. 1998)
"Gesù trionfi con la
sua grazia sul tuo cuore". Molto
spesso, nella corrispondenza di Padre Pio,
ricorre questo augurio. Egli, infatti, era
solito, all’inizio di ogni sua lettera,
augurare ai suoi figli qualche bene
spirituale. In molte, egli augura che Gesù
sia "Re d’amore", "Sovrano
del cuore". Ogni anno, la Chiesa
celebra solennemente la festa di Cristo Re
dell’universo. Questa solennità deve
spingere ogni cristiano a desiderare con tutto
se stesso che Gesù sia il Re del suo cuore e,
soprattutto, che sia un Re d’amore. In questo nostro mondo,
sempre più egoista, freddo e indifferente, vi
è solo una cosa che può salvare l’uomo
dall’abisso di miseria in cui continuamente
precipita: credere all’amore di Gesù e
rispondervi con tutto se stesso. E questo,
infatti, il lamento che Gesù muove all’uomo
di oggi: "Vi ho amati, da sempre, fino
alla grotta di Betlemme, fino alla Croce, fino
all’Eucaristia. Vi ho amati senza alcun
merito da parte vostra, nonostante tutti i
vostri demeriti, nonostante le vostre miserie,
anzi per le vostre miserie. Vi ho amato con
amore di preferenza. Ho lasciato il Padre mio,
il mio Cielo, i miei Angeli per venire tra
voi. Vi ho amato più della mia vita perché
ho dato la mia vita per voi, e quando si è
data la propria vita si è dato tutto. Vi ho
amato più della mia maestà. Guardate sino a
quali oltraggi mi sono esposto per voi:
schiaffi, spine, sputi, flagelli, fino alla
Croce. Vi ho amato più della mia gloria
poiché ho velato totalmente questa gloria nel
Sacramento dell’amor mio, oggetto anch’esso
tante volte di scherno. Vi ho amato e vi
amo! E voi? Mi amate voi?". Cosa rispondere? L’uomo
ama Gesù come Lui lo ha amato? E' il Re del
suo cuore? Gesù, infatti, chiama, ma gli si
risponde anteponendo i propri interessi, le
proprie voglie e, purtroppo, i propri peccati.
E Gesù aspetta. Aspetta un cenno, aspetta che
gli si apra uno spiraglio del proprio cuore
per entrarvi e bruciarlo del suo amore,
aspetta continuamente. E un eterno
"Mendicante d’amore". Egli
potrebbe entrare di prepotenza in quel cuore
che spesso rimane chiuso fino alla morte, ma
non lo fa, perché non vuole un omaggio
forzato, ma il dono libero e spontaneo del
cuore: l’amore!
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Sovrano
del cuore
"Gesù
regni sempre sovrano sul tuo cuore ed
in cima a tutti i tuoi pensieri e ti conquisti
con le dolci attrattive della sua divina
grazia" (Padre
Pio)
di
Padre Stefano M.Manelli, FI
Ogni
cristiano dovrebbe saper lasciare aperte le
porte del proprio cuore affinché, come augura
Padre Pio ai suoi figli spirituali, Gesù
possa trionfarvi quale unico Re.
Padre
Pio parla della regalità di Gesù in termini
spirituali, amabili e sublimi. La regalità di
Gesù, infatti, è regalità di amore, e si
esercita soprattutto sui cuori. La regalità
di Gesù è regalità di luce che irradia ogni
verità, e si esercita soprattutto sulle
menti. Perciò
Padre Pio scrive con semplicità e chiarezza: "Gesù
regni sempre sovrano sul tuo cuore ed in cima
a tutti i tuoi pensieri". E non può
essere che beata la creatura che lascia
regnare Gesù sul suo cuore e sulla sua mente,
perché il nostro cuore e la nostra mente
hanno bisogno proprio di questo: dell’amore
e della verità. Ma
dov’è l’amore vero, l’amore puro, l’amore
che non finisce mai? Dov’è la verità che
non inganna, la verità limpida e trasparente
come la luce? Ogni risposta a queste domande
è falsa se non è la risposta che viene da
Dio: soltanto Dio è "Amore" (l
Gv 4,16), soltanto Dio è "Verità"
(cf lTs 2,l3ss). Orbene,
Gesù è Dio, e quindi è Amore infinito, è
Verità assoluta. Per questo è l’unico che
può regnare sempre sul nostro cuore con il
suo Amore infinito, può regnare sempre sulle
nostre menti con la sua Verità assoluta.
Beato quel cuore ripieno e dominato dall’Amore
infinito che è Gesù! Beata quella mente
ripiena e dominata dalla Verità assoluta che
è Gesù! Purtroppo,
è solo da parte nostra che facilmente
offriamo il nostro cuore ad altri
"amori" che sono amori di terra, di
fango, di melma idealizzandoli da sciocchi, e
sperimentando, così, le più amare delusioni;
è da parte nostra che facilmente offriamo la
nostra mente ad altre "verità" che
sono nebbie e tenebre, errori e falsità
idolatrandole, e sperimentando, così, l’accecamento
della mente fuori strada. Per
questo Padre Pio raccomanda e spera che,
contro le lusinghe lubriche della carne e
contro le seducenti aberrazioni delle menti
umane, Gesù conquisti il nostro cuore e la
nostra mente "con
le dolci attrattive della sua divina
grazia". Sia
Gesù il Re d’amore del nostro cuore; sia
Egli il Sole della verità per la nostra mente.
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Il valore
della Medaglia Miracolosa
di
Padre Michele M. Iorio, FI
La
Medaglia Miracolosa è un dono venuto dal
Cielo. E' un piccolo trattato di mariologia in
cui sono racchiuse le grandi verità del
mistero di Maria Santissima. Un pegno delle
grazie che la Beata Vergine vuole concedere a
tutti i suoi figli. Tutte
le persone che la porteranno riceveranno
grandi grazie; le grazie saranno più
abbondanti per le persone che la porteranno
con fiducia".
Queste
le celebri parole con cui la Santissima
Vergine, apparendo a santa Caterina Labouré
il 27 novembre del 1830, assicurò alla
giovane novizia la potenza straordinaria della
Medaglia Miracolosa che Ella le chiedeva di
far coniare e far conoscere in tutto il mondo.
E chi non conosce la Medaglia Miracolosa e i
prodigi e miracoli che essa ha operato fino ad
oggi? Meno
conosciute, invece, sono: il valore teologico
ditale Medaglia e le verità che essa
racchiude riguardanti il mistero di Maria
Santissima: l’Immacolata Concezione, la
Mediazione e la Corredenzione. Orbene, questi
privilegi di Maria sono presenti
simbolicamente nella Medaglia Miracolosa,
così come fu fatta vedere dalla stessa Beata
Vergine a santa Caterina Labouré. Per
quanto riguarda l’Immacolata Concezione,
nella Medaglia notiamo che la Madonna è
rappresentata nell’atto di schiacciare il
capo al serpente infernale, immagine che, nell’iconografia
tradizionale, serve a rappresentare proprio l’immacolato
Concepimento di Maria. Inoltre, intorno alla
persona di Lei si legge la giaculatoria: "O
Maria concepita senza peccato, prega per noi
che a te ricorriamo", in cui s invoca
con evidenza e fiducia la Vergine Immacolata.
La
Corredenzione e Mediazione di grazie si
ricavano da altri interessanti particolari.
Sulla Medaglia, la Madonna è rappresentata
con le braccia distese e aperte, da cui
scaturiscono tanti raggi che avvolgono il
globo terrestre collocato ai suoi piedi. I
raggi luminosi che scendono dalle mani della
Beata Vergine Maria stanno a simboleggiare la
continua pioggia di grazie che si riversa sull’umanità
per mezzo di Maria. Sul retro della Medaglia,
noi, c’è una grande M (iniziale del nome di
Maria) come nello stemma papale di Giovanni
Paolo II sormontata da una Croce, la quale a
sua volta ha alla base una I orizzontale
(iniziale del nome Iesus, Gesù); inoltre le
due lettere M e I sono intersecate tra loro,
probabilmente per indicare l’unione
inscindibile di Gesù e Maria. Sotto, poi,
sono raffigurati due cuori, quello di Gesù
circondato di spine e quello di Maria
trapassato da una spada. Questi segni dicono
chiaramente quanto noi crediamo di Maria: Ella
ha cooperato in modo unico al mistero della
salvezza come Corredentrice e, in qualità di
Mediatrice universale, distribuisce a tutta l’umanità
la Grazia e le grazie. Per
queste ragioni, la festa della Medaglia
Miracolosa è particolarmente cara a tutti
coloro che hanno vera devozione verso la
Vergine Santa e ad essa si affidano
incessantemente. La
Madonna è tanto contenta di ottenerci le
grazie. Ma, a Santa Caterina Labouré, la
Vergine Santa disse che alcuni anelli delle
sue dita non emettevano raggi, o meglio, che
questi raggi non erano luminosi, a significare
le grazie che non vengono concesse
semplicemente perché gli uomini non le
domandano. Certamente la Madonna è sempre
benevola e, anzi, "liberamente al
dimandar precorre", come dice Dante
Alighieri nella Divina Commedia. Ma se noi,
con la preghiera, le chiediamo grazie, queste
saranno più abbondanti. E
chi non ha bisogno di grazie? Dunque,
domandiamole a Maria Immacolata Mediatrice!
E
allora, in occasione della festa della
Medaglia Miracolosa - così chiamata proprio
per l’abbondanza di grazie e miracoli che
subito si verificarono per mezzo di essa
domandiamo tante grazie alla Madonna
Immacolata Mediatrice: grazie spirituali, che
sono più importanti, e grazie materiali,
grazie per noi e grazie per gli altri. Inoltre,
facciamoci propagatori della Medaglia
Miracolosa, dispensandola a tutti in ogni
circostanza, come volevano tra gli altri san
Massimiliano Maria Kolbe e la novella Beata,
Madre Teresa di Calcutta, accompagnando il
dono con l’offerta di preghiere e sacrifici
a beneficio di chi la riceve.
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"Vuotiamo
il
Purgatorio"
"Ti
affido un tesoro: sappi tesoreggiare.
Vuotiamo
il Purgatorio" (Padre Pio).
di
Padre Stefano M.
Manelli, FI
Padre
Pio nutrì un tale amore per le anime del
Purgatorio che arrivò ad offrirsi vittima per
la loro liberazione da quel luogo di pena.
Padre
Pio nutriva un interesse vivo e un affetto
speciale per le anime purganti. Molti fatti
particolari lo attestano e lo confermano via
via lungo gli anni della sua lunga vita.
Più
importante di ogni altra fu certamente la sua
offerta di "vittima" per la
liberazione delle anime purganti da quel luogo
di pena. L’offerta di "vittima"
significò una catena di sofferenze
spasmodiche che non hanno riscontro fra le
sofferenze comuni agli uomini. Un
altro segno della sua carità ardente verso le
anime purganti era la preghiera, a cominciare
da quella più importante della Santa Messa,
nella quale sperimentò più volte il potere
del
sacrificio di Cristo nel liberare le anime dal
Purgatorio. Avvenne,
una mattina, che un frate cappuccino
raccomandò a Padre Pio di ricordare, durante
la Santa Messa, il papà che era morto trent’anni
prima. Padre Pio gli rispose che preferiva
applicare la Messa del giorno seguente in
suffragio dell’anima del suo papà. Il
giorno successivo, subito dopo la Santa Messa,
Padre Pio disse al frate: "Oggi tuo papà
è entrato in Paradiso!". Il frate,
commosso, gli disse: "Padre Pio, sono
trascorsi trent’anni di Purgatorio!". E
Padre Pio: "Fratello mio, davanti a Dio
tutto si paga!" Salendo
e scendendo le scale del convento, Padre Pio
si fermava ogni volta sul pianerottolo dove,
attaccata alla parete, c’era una cassettina
con dei dischetti di legno, sui quali era
scritto un numero, corrispondente a diverse
intenzioni di preghiera per le anime purganti.
Padre Pio prendeva ogni volta un dischetto e
recitava piamente una preghiera per
le anime purganti, secondo l’intenzione
particolare espressa dal numero del dischetto
(ad esempio: per le anime più abbandonate,
per le anime più sofferenti, per le anime dei
sacerdoti e dei consacrati, ecc.). Ma
la preghiera che più di tutte Padre Pio
adoperava e raccomandava in suffragio delle
anime purganti era certamente la preghiera del
Rosario. Chi non potrebbe avere, infatti, una
corona del Rosario fra le mani e recitarla in
suffragio delle anime del Purgatorio? Padre
Pio considerava il Rosario come un gioiello da
tesoreggiare particolarmente per liberare le
anime dal Purgatorio. Per questo, una volta,
donando una corona del Rosario ad un’anima,
disse: "Ti affido un tesoro sappi
tesoreggiare. Vuotiamo il Purgatorio". La
preoccupazione e l’ansia di Padre Pio per
liberare le anime dal Purgatorio erano legate
alla verità delle terribili sofferenze che le
anime patiscono in questo luogo pagando i
debiti dei loro peccati.
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"La
devozione
alle
anime purganti"
La
devozione di Padre Pio per le anime del
Purgatorio era saldamente fondata sulla fede
nel dogma della Comunione dei Santi.
di
Cristina de Angelis
Padre
Pio ha incentrato tutto l' edificio della sua
vita spirituale sui principi della fede e li
ha tradotti in opere pratiche.Tra questi,
degno di nota è la sua straordinaria
devozione alle anime purganti, fondata sul
dogma della Comunione dei Santi. Devozione che
lo portò ad offrirsi vittima per le anime del
Purgatorio, da lui ricordate in ogni Santa
Messa. Per
queste anime sante, elevava ferventi preghiere
e suppliche. Spesso, lungo i corridoi del
convento, lo si sentiva recitare per esse
giaculatorie e requiem, secondo le intenzioni
suggerite-gli da una pagella intitolata
"Modo facile di suffragare le anime del
Purgatorio", che si trovava attaccata ad
una parete del
convento. E i frutti di questa sua generosità
si vedevano, o meglio "si
sentivano". Un giorno, infatti, i
confratelli di Padre Pio, mentre il convento
era ancora chiuso, sentirono alcune voci
gridare ripetutamente dal corridoio d’entrata
vicino al chiostro: "Viva Padre Pio! Viva
Padre Pio!". Non avendo trovato nessuno
nel corridoio, il superiore chiese spiegazioni
a Padre Pio. Egli rispose con semplicità che
quelle persone che avevano gridato erano anime
di soldati morti, le quali lo ringraziavano
dei suoi suffragi. Un
altro interessante e sconcertante episodio ci
è riferito da lui stesso: "Era il 1924 o
25 - raccontò ad un confratello cappuccino -.
Stavo in coro, la sera, mentre i Padri e i
collegiali erano andati a cena. Pregavo un po’
astratto e distratto quando sento tre colpi
secchi e cadenzati, come se fosse caduta una
candela dopo l’altra. Lì per lì non ci
feci caso. Pensai che fossero i collegiali che
facessero l’altare e non pensai che erano a
cena. Dopo un poco, altri tre colpi... Allora
mi alzai per dire: "Ma,
ragazzi, si può sapere cosa state
combinando?". Ma all’appressarmi al
parapetto del coro, vedo davanti a me un po’
a destra un novizio cappuccino, zitto ed
immobile. Io non sapevo che (nel Convento di
San Giovanni Rotondo, N. d. R.) c’erano
stati i novizi prima della soppressione.
Domando: "Chi sei tu?". "Sono
un novizio". "E che stai a fare
qui?". "Sono relegato qui per aver
fatto male le faccende di Chiesa!". E
spari. Volli sincerarmi della cosa. Andai in
chiesa e vidi che tutto era a posto. Allora mi
convinsi che non era una fantasia". Il
giovane frate, dunque, da molti anni si
trovava in Purgatorio per espiare le
negligenze commesse nel servizio prestato in
Chiesa. L’episodio è molto eloquente per
dimostrare quanto sia vero che realmente
"tutto si paga davanti a Dio".
In
questi nostri difficili tempi, in cui si mette
in dubbio finanche l’esistenza del
Purgatorio, Padre Pio ci conceda la grazia di
una fede viva e operosa e un grande amore alle
anime purganti, che ci impegni ad alleviare le
loro pene con le nostre preghiere e i nostri
sacrifici.
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"Padre
Pio e le anime del purgatorio"
Padre
Pio era visitato spesso dalle anime del
Purgatorio che, conoscendo la sua immensa
carità, gli chiedevano di intercedere e
di pregare per loro. Egli, sapendo quanto
fosse grande la loro sofferenza, offriva
con generosità in loro suffragio
preghiere e sacrifici fino ad od ottenerne
da Dio la liberazione.
di
Grazia
Nardi
La
necessità degli aiuti e dei suffragi per le
anime dei defunti che si trovano in Purgatorio
per purificarsi prima di entrare
definitivamente in Paradiso è ampiamente
confermata dalla voce e dalla vita di Padre
Pio. Egli sentiva nel suo cuore pietoso il
dovere di aiutare queste anime sofferenti con
le sue preghiere, con l’offerta delle Sante
Messe, con le mortificazioni volontariamente
ricercate e con altre opere di carità.
Egli
stesso ebbe diverse esperienze di apparizioni
di defunti, che imploravano da lui aiuti e
suffragi per abbreviare le loro sofferenze,
dovute all’espiazione delle pene per i loro
peccati. Una volta, mentre era in preghiera
nel coro della chiesetta di Santa Maria delle
Grazie, venne disturbato da rumori che
provenivano dall’altare maggiore, dove
sembrava ci fosse qualcuno che spostava
candelieri e vasi di fiori. Chiese ad alta
voce chi fosse. Nessuno, però, gli rispose.
Riprese a pregare, ma venne di nuovo
interrotto dallo stesso rumore. Si avvicinò,
allora, alla porta e, nella penombra della
lampada del Tabernacolo, intravide un fratino
che faceva le pulizie. Padre Pio gli gridò
cosa stesse facendo al buio a quell’ora e il
giovane frate rispose che stava facendo le
pulizie. Padre Pio gli chiese nuovamente chi
fosse: "Fai la pulizia allo scuro? Chi
sei?". E questi gli rispose: "Sono
un novizio cappuccino che sconta qui il
purgatorio.
Ho bisogno di suffragi". Detto
questo, il fratino scomparve. Il
Signore, nella sua infinita Misericordia,
aveva permesso al novizio di apparire a Padre
Pio, per essere aiutato con le preghiere, con
le sofferenze e con le Sante Messe a
raggiungere la felicità eterna del Paradiso.
Sono
venuto a ringraziarti
Un
confratello di Padre Pio, padre Giuseppe
Antonio, versava in gravi condizioni di
salute. Il 29 dicembre del 1936, Padre Pio fu
informato che le condizioni di salute del
confratello erano ulteriormente peggiorate e
che, pertanto, necessitava di preghiere.
Mentre, nella sua cella, era assorto in
preghiera per il confratello, Padre Pio udì
bussare all’uscio. "Avanti!", replicò
Padre Pio, e subito vide entrare padre
Giuseppe Antonio. Non sapendo ancora che l’amico
era già morto, Padre Pio gli chiese come
stesse, non riuscendo a capacitarsi del fatto
che il moribondo fosse lì davanti a lui: "Mi
è stato detto che eri gravemente ammalato e
molto sofferente e mo’ ti trovi
qui?". "Sto bene" disse
padre Giuseppe Antonio -. Tutte le mie
sofferenze sono finite e sono venuto a
ringraziarti per le tue preghiere". E
subito dopo
il confratello scomparve alla sua vista.
E'
interessante notare che le cronache del
convento riferiscono che l’apparizione di
padre Giuseppe Antonio a Padre Pio avvenne
esattamente nello stesso momento in cui egli
moriva.
Bisogna
pregare per le anime del Purgatorio
Padre
Pio aveva, inoltre, una chiara visione dello
stato delle anime nel Purgatorio e della
durata della pena che dovevano scontare prima
di entrare nella felicità eterna del
Paradiso. A
chi gli chiese come fosse il fuoco del
Purgatorio, Padre Pio dette questa risposta: "E
più forte del fuoco naturale, ma la
sofferenza maggiore è la privazione di Dio,
però lo si soffi ‘e con la bella
speranza",
ossia
con la speranza di salire un giorno in
Paradiso. Il
prof. Gerardo De Caro raccomandò, un giorno,
a Padre Pio l’anima di uno scrittore senza
menzionarne il nome. Il Padre arrossì in
volto, sapendo subito a chi pensava, come se
provasse intima pena per quell’anima che in
vita aveva fruito di tanti aiuti spirituali e
preghiere. E disse: "Ha amato troppo
le creature", aggiungendo che sarebbe
rimasto in Purgatorio almeno 100 anni. Padre
Pio gli disse inoltre: "Bisogna
pregare per le anime del Purgatorio. Non è
credibile quanto esse possano fare per il
nostro bene spirituale, per via della
gratitudine che dimostrano a coloro che le
ricordano in terra e pregano per loro".
A
chi gli chiedeva se era utile suffragare le
anime dei defunti dopo tanti anni dalla morte,
il Padre così rispose: "Sì,
perché Dio nel giudizio particolare, alla
morte, considera pure tutti i suffragi futuri,
offerti a favore di quell‘anima".
Per
Dio, infatti, non esiste un prima e un dopo,
ma tutto è eterno presente. Egli, pertanto,
nella sua infinita Misericordia, si serve
delle preghiere offerte in suffragio dell’anima
del defunto dopo la sua morte, per strapparla
dalla dannazione eterna.
|
"Il
combattimento di
Padre Pio"
Continua
la pubblicazione
delle relazioni
tenute al
Convegno del 2 ottobre
2003.
Don
Nello Castello,
figlio
spirituale di
Padre Pio,
illustra come la
vita del Santo
sia stata un
combattimento
continuo contro
il demonio, il
quale per
tentarlo usò
strategie e
artifizi vari,
fino alla
violenza fisica,
ma ne uscì
sempre
sconfitto.
di
Don Nello Castello
Se
Dio è felicità eterna, la vita umana su
questa terra è, invece, un continuo
combattimento. Ricordo, a tal riguardo, una
mia confessione con Padre Pio, nella quale
egli mi richiamava il testo di Giobbe: "militia
est vita hominis super terram - la vita
dell’uomo sulla terra è un
combattimento" (cfGb 7,1). Il
combattimento è mezzo di purificazione: il
giusto deve combattere contro il peccato e
vincere le proprie passioni per conservare la
vita di grazia. È
un combattimento che diventa continuo e
progressivo, a misura che l’anima tende alla
perfezione cristiana, fino a divenire cruento,
quando si arriva ai livelli eroici della
santità. Ma
contro chi si combatte? Contro il diavolo,
nemico della vita e nemico di Dio. Padre Pio,
che ha raggiunto autentiche vette nella vita
mistica, ha pure vissuto un atroce
combattimento spirituale nella sua continua
lotta contro satana. Due
periodi di lotta, diversamente caratterizzati,
si possono individuare nella guerra tra Padre
Pio ed il suo nemico: uno personale,
precedente alla destinazione di San Giovanni
Rotondo, l’altro esterno, sociale,
"canonico", sino alla fine della sua
vita. Padre
Pio afferma: "Nella mia infanzia io
non ho mai giocato". Perché?, ci si
può chiedere. Sappiamo dal suo direttore
spirituale che, verso i cinque anni, cominciò
ad avere estasi ed apparizioni celesti. "Gesù
e Maria mi facevano da genitori",
scriverà
Padre Pio. Per tali favori celesti, la sua
vita fu sempre un continuo conflitto, che
divenne una grande battaglia nell’età della
sua adolescenza, quando decise di lasciare il
mondo per abbracciare la vita religiosa. Egli
stesso descriverà questa lotta: "Potente
lotta.., lotta intestina... due forze dentro
di me si cozzavano tra loro e mi laceravano il
cuore. Il mondo che mi voleva per sé e Dio
che mi chiamava a nuova vita".
La
notte del I gennaio 1903, alcuni giorni
prima del suo ingresso in convento, Padre Pio
venne a trovarsi, in visione, "in un
grande spazio" tra due schiere, con a
fianco un personaggio "maestoso di
rara bellezza, splendente come il sole", che
lo prese per mano e gli disse: "Vieni
con me, perché ti conviene combattere da
valoroso guerriero". Da una parte vi
erano Angeli e dall’altra "uomini di
orrido aspetto e vestiti di abiti neri a guisa
di ombre oscure". In fondo comparve "un
uomo orrido e di smisurata altezza da toccare
con la fronte le nuvole". Il
personaggio che lo affiancava gli disse: "Con
questi ti conviene azzuffarti. Fatti animo:
entra fiducioso nella lotta, avanzati
coraggiosamente che io ti sarò d’appresso,
io ti aiuterò e non permetterò che ti
abbatta". Padre Pio si fece animo;
entrò in combattimento e vinse il nemico
costringendolo alla fuga. La guida gli mostrò
una bellissima corona di rara bellezza,
promettendogliene "un‘altra più
bella" se avesse saputo lottare sino
alla fine. In
tale visione si fondono simbolismi spirituali
e profezie della vita di Padre Pio: il
combattimento continuo e la vittoria costante,
infatti, non sono mai cessati nella sua vita.
Satana, il "barbablù", come lo
chiamava lui, userà strategie varie,
apparendogli sotto le sembianze di un angelo,
di un santo, del suo confessore, del Superiore
della Provincia monastica, di penitente che
chiedeva di confessarsi. Talvolta, usava
artifizi astuti, violenza fisica, e si
presentava "in forme oscenissime,
umane e soprattutto bestiali". Tutto
questo continuerà per circa 20 anni. Una
vera battaglia della quale si riportano alcuni
dettagli sconcertanti: "[il diavolo] percuote
[Padre Pio] con
ordigni di ferro... Lo aggredisce a morte...
Lo tortura barbaramente... Lo tormenta mentre
scrive... Lo batte a morte, volendo annullare
le lettere di
conforto
che riceve dai direttori... Gli trasmette
falsi ordini del Provinciale...".
E
questa guerra non si esaurì in breve tempo,
ma rimase costante nell’arco della sua vita
anche attraverso uomini di Chiesa. Ma
qual era l’arma con cui Padre Pio combatteva
così valorosamente? Era il Rosario. Erano
Maria e Gesù, là sempre accanto a lui. "Io
ti aiuterò, non permetterò che egli ti
abbatta", gli aveva detto quel
personaggio nella visione del 1° Gennaio del
1903. Il Santo Padre, nel discorso della
canonizzazione, ha detto che la missione di
Padre Pio continua in coloro che lo seguono.
Ciò significa che le opere e i seguaci di
Padre Pio sono chiamati alla stessa sua
battaglia col nemico infernale. Ma di essa
riusciranno certamente vincitori se, come
Padre Pio, useranno l’invincibile arma del
Rosario.
|
"Il
Rosario e le anime del Purgatorio"
Con
la recita del Santa Rosario i Santi hanno
suffragato e liberato dalle pene del
Purgatorio milioni di anime. Imitiamoli e la
ricompensa non si farà attendere.
di
Padre Pio M.
Steman, FI
Ad
una pia signora era morto il fratello.
Afflitta da questa perdita, tanto più
dolorosa perché il fratello era veramente un
buon cristiano, la signora fece un sogno. Vide
Padre Pio da Pietrelcina che la consolò e le
disse: "Recita 200 Rosari e tuo
fratello passerà subito in Paradiso". Quando
la signora si svegliò, ricordò il sogno, ma
pensò che fosse solo un sogno, e basta.
Tuttavia la mattina seguente parti e si recò
da Padre Pio. Appena incontrò Padre Pio,
senza più pensare al sogno, la signora in
lacrime gli chiese dove si trovasse l’anima
del fratello e che cosa fare per lui. Padre
Pio le rispose subito: "E non te l’ho
detto stanotte?... Recita 200 Rosari, e tuo
fratello passerà subito in Paradiso". Il
Rosario ha anche questo potere straordinario:
affrettare la liberazione delle anime dal
Purgatorio e recare loro grande sollievo e
conforto. Lo stesso Padre Pio da Pietrelcina,
un giorno, nel donare una corona a una figlia
spirituale, disse con trepida voce: "Ti
affido un tesoro: sappi tesoreggiare. Vuotiamo
il Purgatorio". Negli
Atti del Processo di beatificazione di san
Giovanni Massias, domenicano, leggiamo che
la Madonna gli apparve sul letto di morte e
gli rivelò che per l’incessante recita del
Santo Rosario egli aveva liberato dal
Purgatorio un milione e quattrocentomila
anime. Il papa Gregorio XVI ordinò di
riferire nella Bolla di beatificazione del
santo frate quella cifra prodigiosa, a
conforto di tutti i devoti del Rosario.
Santa
Teresa di Gesù ha lasciato scritto che una
volta, iniziando a recitare il Santo Rosario,
fu rapita in estasi e vide il Purgatorio, che
aveva la forma di un grande recinto, in cui le
anime penavano tra le fiamme purificatrici.
Alla prima Ave Maria che ella recitò,
vide subito un getto d’acqua freschissima
cadere sulle anime a refrigerarle; così alla
seconda Ave Maria, così alla terza,
alla quarta... Capì allora la Santa di quanto
sollievo la recita del Santo Rosario fosse
alle anime purganti, e non avrebbe voluto
interromperlo mai. Per questo sant’Alfonso
de’ Liguori raccomandava ripetutamente: "Se
vogliamo aiutare le anime del Purgatorio,
recitiamo per loro il Rosario che arreca
grande sollievo". Anche il beato
Annibale Maria di Francia ci assicura che
quando "noi
recitiamo la corona di
Maria Santissima per qualche anima purgante,
quell‘anima sente quasi smorzare le ardenti
fiamme che la circondano e prova un refrigerio
di Paradiso". Fra
le sue prediche, un giorno, san Domenico fece
quella sui benefici del Rosario per le anime
del Purgatorio. Ma uno dei presenti si mise a
deriderlo, scettico e beffardo. Durante la
notte, però, questo tale sognò una voragine
di fuoco con le anime purganti ivi immerse, e
vide la Madonna che, materna e
compassionevole, tendeva loro una catena d’oro
per tirarle su da quella voragine: quella
catena d’oro era appunto la corona del Santo
Rosario. Uno straordinario apostolo del
Rosario per le anime del Purgatorio fu san
Pompilio Pirrotti Con i suoi Rosari, egli
entrò in grande familiarità con le anime del
Purgatorio, che gli mostravano la loro
gratitudine per il conforto che ricevevano da
questa preghiera. La familiarità arrivò al
punto che quando il Santo recitava il Rosario "s'
udivano le anime dei defunti rispondere la
seconda parte dell‘Ave Maria".Che
bella carità potremmo fare tutti alle anime
purganti, recitando per loro molti Rosari!
|
"La
moda immonda"
Dando
uno sguardo alla stagione estiva ormai
passata, bisogna riconoscere, purtroppo, che
nulla è migliorato per quanto riguarda la
moda femminile che diventa sempre più
indecente. Il nudismo, ormai, ha varcato anche
le porte delle nostre chiese!
di
Don Vincenzo
Cuomo
Vi
è un argomento diventato tabù: la moda
femminile. Chi ne parla? Va tutto bene? E se
qualcosa non va bene, chi deve illuminare,
correggere, ammonire? Il nudismo, ahimè, si
fa sempre più sfacciato e invadente,
alimentato dagli spettacoli, dai giornali, dai
manifesti stradali... In Genesi 3 si legge che
"prima del peccato originale la
nudità non creava problemi". Col
peccato le cose sono cambiate, perché si è
accesa in tutti gli esseri umani la
concupiscenza della carne che, se alimentata,
porta al disordine morale, ossia al peccato.
Adamo ed Eva provvidero a coprire la loro
nudità con delle foglie di fico, ma Dio
giudicò insufficiente il rimedio e
confezionò per ambedue due tuniche. Ai
nostri giorni si assiste alla globalizzazione
dell’immodestia, perché si è radicata
nella massa la convinzione che se la donna non
è provocante, non è donna. Si è
cominciato, allora, con l’accorciare le
maniche, poi le maniche sono scomparse... Si
è denudata sempre più la parte superiore del
corpo. Contemporaneamente si è passati alla
minigonna, che diventa sempre più... mini!
E perché non denudare anche la pancia e l’ombelico?
E poi pantaloncini corti e ultra corti e
fortemente aderenti. L’audacia, ormai non
conosce più limiti nemmeno quello del luogo
sacro: chiese e santuari. In
un celebre santuario della Spagna si celebrava
un matrimonio. Davanti all’altare vi era la
sposa che, col suo abbigliamento più che
indecente, era l’ostentazione dell’ immodestia.
Le invitate non erano da meno... E si riceveva
un Sacramento! E si riceveva l’ Eucarestia! A
Lourdes, durante la processione eucaristica,
vi era una donna che cantava da solista nella
corale. Anch’ ella regolarmente immodesta e
indecente. Si sa che nella storia di Lourdes
la Madonna non venne ad un appuntamento con la
veggente. Bernardetta le chiese il perché di
quell’assenza e ne ebbe questa risposta: "Perché
ieri sera la grotta è stata profanata dall‘immodestia".
Chi è stato a Lourdes durante l’estate
ha potuto constatare quanta mancanza di
modestia si porta anche davanti alla grotta!
Vi è all’ingresso dei luoghi sacri un
tabellone con cui si interdice l’accesso con
certi abbigliamenti... ma la realtà è che l’ingresso
è lecito a tutti! E che dire quando in alcune
chiese vanno al leggio o fanno da ministri
straordinari della comunione donne con
abbigliamento non certo esemplare? Può
darsi che queste note facciano sorridere
qualcuno, perché si dice "i tempi
sono cambiati e la cosa non fa più
impressione!". Quest’affermazione
è tanto falsa quanto stolta. Allora non
esiste più la concupiscenza degli occhi e
della carne? E non conta più niente quanto è
scritto nelle lettere degli Apostoli circa l’abbigliamento
delle donne? La realtà è che i peccati
impuri non
si ritengono più peccato. Le
cose non avvengono per caso. Vi è tutta una
strategia di malizia diabolica mirata alla
scristianizzazione delle masse; ciò avviene
non più col fucile e le prigioni, ma
demolendo i principi cristiani. Alcuni anni fa
la rivista Reading Digest annunziava un
convegno di operatori della moda femminile con
questo tema: "Che cosa scopriremo
ancora della donna". Nel qual caso, scoprire
equivale a denudare.
Davanti
a questo rullo compressore che non conosce
ostacoli, si alzi una voce autorevole e forte!
A Fatima la Madonna, per mezzo di Giacinta,
preannunziò l’avvento di una moda
invereconda, causa della perdita di tante
anime. Voglia la Vergine purissima ottenere,
con la sua potente intercessione, il ritorno
ad una vita pura e casta almeno tra le donne
cristiane.
|
"Padre
Pio e Giovanni Paolo II"
di
Don Nello Castello
Padre
Pio visse in filiale e amorosa sottomissione ad
ognuno dei sei Papi che s’inserirono nella sua
vita, tuttavia singolare è l’affinità
teologica e spirituale tra Giovanni Paolo Il e il
Santo.
Sei
sono i Papi che s’inserirono nella vita di Padre
Pio. Il Santo ebbe un diverso rapporto con ognuno
dei Vicari di Cristo. Tuttavia, pare opportuno
soffermarsi sulle specialissime relazioni che
uniscono i due "giganti" del secolo,
Giovanni Paolo TI e Padre Pio, legati da un doppio
rapporto: storico e teologico. Nel
1948, il neo-sacerdote Karol Wojtyla, studente in
filosofia a Roma all’ Angelicum, insieme
al prof. Medi e alla Marchesa Boschi (personaggio
al quale era legata la prima bilocazione del
Santo), venne a San Giovanni Rotondo, ove ebbe
modo di incontrare e confessarsi con Padre Pio.
Divenuto
cardinale, sostò a San Giovanni Rotondo dal 10 al
3 novembre 1974, visitò il Santuario, la Casa
Sollievo della Sofferenza e la basilica di San
Michele Arcangelo. In quei giorni, celebrando
nella chiesetta vecchia del convento, durante l’omelia,
- con quel suo tipico italiano - ha ricordato il
suo primo incontro con Padre Pio, con queste
memorande parole, cariche di ammirazione per colui
che poi egli avrebbe elevato agli onori degli
altari: "In questa vecchia chiesa è
rimasta la sua persona, la sua presenza, le sue
parole, la Santa Messa celebrata da lui all'
altare laterale, e poi questo confessionale, dove
andava a confessare le donne, la sacrestia, l’altare
centrale dove adesso stiamo noi, e dove, dopo la
sua Messa, lui ha distribuito la santa Comunione.
E tutto questo ci fa riflettere, e anche meglio
comprendere la frase che è quasi pensiero
centrale della liturgia odierna: "gloria di
Dio è l’uomo vivente ". Dopo
quasi ventisette anni, io vedo come questa verità
si è incarna-ta in un uomo, in questa vecchia
chiesa ancora piena della presenza di Padre
Pio". Dunque
Padre Pio viene chiamato dal Santo Padre "gloria
di Dio incarnata", mentre il giorno
precedente aveva celebrato nella cripta
pronunciando le memorabili parole: "E
specialmente impressionante, è specialmente
profondo il fatto che celebriamo questa Eucaristia
vicino alla tomba di Padre Pio, che predicava la
Passione, la Morte e la Risurrezione di Gesti
Cristo Nostro Signore, per mezzo di tutta la sua
vita".Ancora
una volta, poi, nel firmare il registro dei
visitatori illustri durante la sosta del 1974, il
cardinale Wojtyla, farà riferimento a quel primo
incontro con Padre Pio, annotando: "dopo
28 anni dalla mia prima Messa e dopo 26 anni dalla
mia prima visita a San Giovanni Rotondo da Padre
Pio". Un
altro elemento che fa storia nei rapporti del Papa
col nostro Padre: a quattro anni dalla di lui
morte, dall’Episcopato polacco viene fatta una
petizione ufficiale a Paolo VI per la
canonizzazione di Padre Pio, firmata dai 45
vescovi di quella terra di martirio. Al secondo
posto, dopo la firma del primate card. Wjszjnski,
quella del card. Karol Wojtyla. Nel documento,
inoltre, si fa riferimento alla visita di lui,
giovane sacerdote, nel 1948: "Alcuni
di noi hanno visto coi propri occhi Padre Pio ed
il suo apostolato". Conosciamo
altri episodi ove s’intrecciano i due grandi.
Ben noto il miracolo della signora Wanda
Poltawska, professoressa di psichiatria e
fondatrice dell’Istituto universitario pastorale
polacco sulla Famiglia (di cui il cardinale
Wojtyla era Presidente), colpita da tumore e
guarita in seguito alla preghiera di Padre Pio,
richiesta personalmente dall’allora vescovo di
Cracovia, con una lettera in latino. Inoltre,
un fattore di importanza capitale, che va aggiunto
al rapporto storico nelle relazioni tra i due, va
individuato sul piano del pensiero. Infatti,
possiamo aggiungere che papa Wojtyla e Padre Pio
sono accomunati anche da un’unica concezione
teologica forte, anzi eroica, della vita
cristiana, poiché li troviamo accomunati dalla
medesima strada della "Via Crucis":
quella della crocifissione in Padre Pio e quella
di una vita di trincea e di persecuzioni nel Papa.
Sul
tema Padre Pio si potrebbero riportare i numerosi
discorsi del Santo Padre degli anni ‘78, ‘83,
‘87, ‘88, ‘90, poi quelli della
beatificazione e della canonizzazione in cui viene
presentato
un quadro di Padre Pio di un valore unico per la
sua autorità, ma, soprattutto, sconcertante per
la profonda conoscenza che dimostra del mondo
mistico e pastorale del Santo: un campo che
meriterebbe un’ampia esposizione. Identica, poi,
la teologia illustrata e proposta dal Papa e la
teologia incarnata nella sua vita pastorale. Basta
accennare soltanto alla sintonia perfetta di
concezione tra loro sulle terapie alle terribili
piaghe che oggi tormentano la Chiesa. Anche i
grandi temi della preghiera, della Confessione e
dell’Eucaristia che caratterizzano la vita di
Padre Pio, nei discorsi del Papa, sono tradotti
con un linguaggio ed un’essenzialità che
esprimono una perfetta sintonia di pensiero
teologico. Tra i due non solo vi è comunanza
nella linea dell’evangelizzazione, ma si può
dire che Padre Pio fu evangelizzazione. Il Papa,
nella Chiesa, è la verità così come Padre Pio,
nella Chiesa, era amore: l’uno insegua e l’altro
redime con il sangue.
|
"Pregare
e soffrire per il Papa"
di
Cristina De Angelis
I
Santi nutrivano una speciale venerazione per il
Papa. Il cristiano, quale figlio della Chiesa e
del Santo Padre, è tenuto a sostenerlo offrendo
per lui preghiere e sacrifici.
Tutti
i cristiani, come insegna Catechismo della Chiesa
Cattolica (n. 889), con il "senso
soprannaturale della fede", sono chiamati
ad amare il Papa come Vicario di Gesù Cristo.
I
Santi hanno sempre nutrito un amore speciale per
il Santo Padre; una devozione, di certo, non
sentimentalista, fatta solo di applausi ed osanna,
ma di obbedienza al suo Magistero, di preghiera e
sacrifici offerti per la sua persona e per il suo
ministero. Padre
Pio è stato, in questo, un modello straordinario.
Per lui Gesù, l’Immacolata ed il Papa
erano un trinomio d’amore inscindibile e
tutto soprannaturale. Nella sua cella, sul
tavolino, accanto all’immagine della Madonna,
aveva sempre una fotografia del Papa, che, di
sera, illuminava con una piccola lampada. Quando
il suo vescovo, poi, si recava dal Sommo
Pontefice, il
Santo cappuccino gli raccomandava: "Dica
al Papa che per me, dopo Gesù, non e ‘è che
lui". E al papa Pio XII, mandò a dire:
"Di’
al Papa che io do con immensa gioia la mia vita
per lui". Ai
suoi figli spirituali, ripeteva sempre: "Ascoltate
il Papa" ed ancora "specialmente
pregate pel Sommo Pontefice, per tutti i bisogni
spirituali della Santa Chiesa, nostra tenerissima
madre". Con
la "sensibilità ecclesiale" propria di
san Francesco, dunque, che una volta disse al
Papa: "Signore, sono commosso nel vedere
quante preoccupazioni e fatiche avete da affrontare
per vigilare sulla Chiesa di Dio", il
Serafino del Gargano si unì alla preghiera
incessante di Gesù e all’amore che, da sempre,
la Chiesa ha nutrito per il Santo Padre. In una
lettera, infatti, da lui scritta il 12 settembre
1968, undici giorni prima della sua morte, Padre
Pio si rivolse a Sua Santità Paolo VI con questi
termini vibranti di commozione: "So
che il vostro cuore soffre molto in questi giorni
per le sorti della Chiesa, per la pace del
mondo,
per le tante necessità dei popoli, ma soprattutto
per la mancanza di obbedienza di alcuni, perfino
cattolici, all' alto insegnamento che voi,
assistito dallo Spirito Santo e nel nome di Dio ci
date. Vi offro
la mia preghiera e sofferenza quotidiana, quale
piccolo ma sincero pensiero dell’ultimo dei
vostri figli, affinché il Signore vi conforti con
la sua grazia per continuare il diritto e faticoso
cammino, nella difesa dell’eterna verità, che
mai si cambia col mutar dei tempi".
Alla
scuola di san Pio, quindi, è necessario imparare
ad amare il Papa, pregando e soffrendo per lui, ed
essendo sempre pronti a difendere la sua persona,
i suoi diritti, il suo onore ed i suoi ordini
contro chi, invece, a torto, non fa che criticarlo
e vituperarlo. Il cristiano, come i Santi,
non deve mai dimenticare le necessità, le
strettezze e angustie del Papa; non deve lasciare
di pregare per lui, che tanto ama l’uomo e tanto
si adopera perché "la buona novella"
sia annunziata in tutto il mondo ed ogni creatura
si salvi. Occorre pregare e soffrire
generosamente, perché il Signore lo aiuti, lo
sostenga, lo consoli soprattutto nelle amarezze di
cui è circondato, ed affretti il momento del suo
trionfo sui nemici di Dio e della Chiesa.
|
"Il
Settimanale di
Padre Pio", un anno dopo
La
Redazione
E'
trascorso ormai un anno dalla pubblicazione del periodico di formazione e
informazione cattolica, Il Settimanale di Padre
Pio, a cura dei Francescani dell’Immacolata.
La
rivista si è subito imposta all’attenzione dei
lettori ricevendo l’approvazione e la
benedizione di numerosi Vescovi e Cardinali
appartenenti a diocesi italiane e straniere,
accogliendo vasti consensi tra le famiglie e
registrando, nell’arco di un anno, un rapido
incremento. Al
lancio della rivista, avvenuto il 23 settembre
2002, con la pubblicazione del primo numero, sono
seguite numerose iniziative e diverse campagne
promozionali, volte a far conoscere Il
Settimanale in maniera capillare su tutto il
territorio nazionale. La risposta non si è fatta
attendere, soprattutto da parte di coloro che si
annoverano fra i devoti del Santo del Gargano. Un
improvviso e inaspettato, anche se sperato, boom,
dunque, che ha rivelato l’elevato indice di
gradimento del giornale, fra i cattolici di tutta
Italia. Molto apprezzato da
devoti e figli spirituali di san Pio, ma anche da
parte di quei cattolici che hanno sempre desiderato
conoscere questo "gigante di santità".
Il
Settimanale pone
al servizio della Chiesa prestando opera di
rievangelizzazione, accogliendo l’accorato
appello del Santo Padre. In questa direzione si è
mossa l’opera apostolica di Padre Pio, volta a
formare non semplici fedeli all’ acqua di
rose", bensì degli autentici cristiani.
Pio, dunque, evangelizzò spronando i fedeli, primi
tutti i suoi figli spirituali a vivere in maniera
autentica e coerente i valori cristiani. Questo è
uno dei motivi che hanno portato alla scelta di
affidare Il Settimanale al patrocinio di
questo grande Santo. "Un’evangelizzazione
stile Padre Pio, pane di grano, acqua di fonte,
tutta sostanza di vita cristiana, da rilanciare
con un settimanale", come ha ben spiegato il
fondatore e ispiratore della rivista, Padre
Stefano Maria Manelli,
nel corso di una
tavola rotonda
in occasione della Presentazione del Settimanale
a Frigento (AV). "Il
Settimanale di Padre Pio vuol
essere, quindi, una risposta alle ansie della
Chiesa, filtrata attraverso Padre Pio; vuole
riflettere la catechesi di Padre Pio, che grida,
che provoca, che insomma continua la sua missione".
La rivista, dunque, vuol essere, in certo qual
modo, il
prolungamento dell' opera e della missione del
Santo cappuccino. A
farcela conoscere più da vicino pensa tutta
una rete di collaboratori, alcuni dei quali,
proprio come Padre Stefano M. Manelli, suoi figli
spirituali. Tutte persone che lo hanno conosciuto
da vicino, dunque, che lo hanno amato e che,
grazie a lui, si sono convertiti, testimoniando
fino all’eroismo il loro "essere
cristiani". Padre
Pio ha sempre tenuto in gran conto la formazione
cattolica della famiglia, non ignorando i suoi
benefici influssi sulla società, di cui essa è
la cellula prima. Da famiglie "sane"
sorgerà più facilmente una società
"sana". Proprio le famiglie, quindi,
sono i destinatari privilegiati del Settimanale
che ci auguriamo entri in ogni casa e sia in
ogni famiglia, avente come modello Padre Pio che
ha promesso di aspettarci alle porte del Paradiso.
Questo
Settimanale, quindi, in un’epoca in cui i
settimanali cattolici attraversano un periodo di
grave crisi, vuole offrire l’ opportunità ad
ogni cristiano di conoscere veramente la figura di
questo grande Santo, di mettersi alla
sua scuola, di approfondire e irrobustire la
propria fede e cultura cattolica.
Oltre
che d’ articoli riguardanti la vita, il messaggio
e gli esempi di san Pio, la rivista si compone
anche d’articoli d’attualità che offrono
risposte "in linea" con la dottrina del
Santo, alla luce del Magistero della Chiesa.
Dall’anno
scorso il Settimanale ha registrato un
continuo sviluppo che si auspica duraturo ed
efficace, con la benedizione e sotto lo sguardo e
la protezione di Padre Pio da Pietrelcina.
|
Il
beato transito di
san Pio da Pietrelcina
di
Don Nello Castello
23
settembre 1968: Padre Pio lasciava questa terra d’esilio
per entrare nell’eterna gloria del Paradiso,
mentre i suoi figli spirituali vivevano il loro
"Venerdì Santo". Riportiamo la
testimonianza di uno dei figli spirituali che più
fu vicino al Padre.
Padre
Pio menò una vita di sacrificio, d’amore e di
sangue, versato sul Calvario con Cristo, in favore
della Chiesa e del mondo. La sua fu un’esistenza
utilizzata a piacimento di Dio, una vita che non
proveniva da lui, ma da Cristo che viveva in lui.
Il suo sacerdozio fu associato al sacerdozio del
Redentore. Si era santificato ed aveva
santificato. Ora
si compie il 350 del suo Consummatum
est: ma quando la vita di un Santo si spegne,
sorge
un sole di luce divina, un sole di santità che
avvolge l’universo e rimane, per sempre, a
favore della cristianità. Padre
Pio ora "vive" nella sua tomba, ove
ognuno legge una sola parola: Amore. Egli aveva
scritto Amore in ogni pagina della sua vita:
amando cresceva dalla fanciullezza "con i
‘Angelo suo compagno" e "con
Gesù e Maria che gli facevano da genitori", assimilato
poi all’amore di Cristo sacerdote, che lo
condusse ad amare i fratelli e dare
la vita, ogni giorno, sino alla morte. Padre
Pio, dunque, aveva amato sino "all' infinità"
di cui può essere capace una creatura. Vita
della sua vita fu l’Amore. Amore amaro, amore di
combattente, amore rovente, "fuoco
divoratore", diceva lui, ed ora Amore di
eterna felicità. Il
23 settembre suonava l’ora. La sua ora era
venuta. Quella fu la notte santa che gli offrì il
"giorno eterno" nel seno della Trinità.
Fu deposto dalla Croce, senza più i segni delle
stigmate. Poi i funerali, il sepolcro. Padre Pio
era morto. Non esagero se dico che noi, suoi figli
spirituali, suoi discepoli, abbiamo partecipato alquanto
allo smarrimento degli Apostoli e dei discepoli
alla morte di Cristo.
Quella settimana di settembre
Mille e più sono i ricordi che Padre Pio ha
stampato nel mio cuore nel corso degli anni, dei
miei incontri con lui, nell’arco degli undici
anni della mia vita che si intrecciarono col
mistero del suo spirito e delle sue vicende. Anni
scolpiti indelebilmente. Tuttavia, il ricordo dei
giorni legati alla morte del Padre restano la
memoria più incisiva, che ogni altro ricordo
scavalca. Ecco un tracciato della mia personale
testimonianza di quel 23 settembre. Devo
premettere che Padova occupava un posto
particolare, non solo nelle vicende del Calvario
storico di Padre Pio, ma nel profondo del suo
cuore. Ben tre volte, in quel settembre di 35 anni
or sono, tramite Cleonice Morcaldi, la nota figlia
spirituale privilegiata, ci era pervenuta la
notizia che il Padre ci attendeva, mentre noi si
ritardava la partenza, causa un signore che si
doveva associare a noi per il viaggio. Di fatto
arrivammo a San Giovanni Rotondo il giovedì 19,
verso sera. Molti
erano i figli presenti, arrivati perché
richiamati dai programmi di quei giorni: il 50°
anniversario delle stigmate del Padre e il
Convegno internazionale dei Gruppi di preghiera.
Giorni di festa per noi, mentre per lui erano il
tratto finale del Golgota. Scrive Cleonice
Morcaldi: "Era il 19 settembre, vigilia del
50° delle sue stigmate. Come al solito
entrammo in sacrestia per baciargli la mano e gli
chiesi come avesse passato la notte. Mi rispose. "Male,
mi sentivo morire. Una spada si muoveva
continuamente dentro di me, dall' alto al basso,
con la punta verso il cuore. Ora sto un po' meglio".
Alle
5 del mattino, il giorno 20, il Padre
celebra la sua Messa, per versare le sue ultime
lacrime. Noi eravamo abituati a vedere il
fazzoletto bianco accanto al corporale. Quel
mattino, scrive Giovanni Siena, "le
lacrime
caddero facendo crepitare il corporale rigido di
amido, attirando l’attenzione di Padre Onorato
che gli stava a fianco". Erano
le ultime... non ne aveva più, ma chi poteva
capirlo? Per noi suoi figli era impensabile la sua
morte. In
quel giorno del 50°, alcuni figli avevano
fatto giungere da Sanremo 2.500 rose rosse
per addobbare l’altare. La chiesa era affollata
perfino nei matronei. La sera, poi, dal paese,
paesani e forestieri si recarono in processione
con fiaccole, sino alla finestrella del convento,
con canti e cuore acceso di affetto di figli
devoti. Al
sabato il Padre non celebra, riceve l’Eucaristia
in cella, impedito da malessere. "Figlio mio
- dice a Padre Onorato-, non mi reggo, anzi
dammi una benedizione, perché siamo quasi alla
fine". Questi gli risponde: "Tu
pensa a campa’, perché ti assisto io".
Più
tardi vuole scendere per le confessioni, ma, dopo
alcune confessioni, deve ritornare in cella.
Pensavo di confessarmi proprio quel giorno, ma
rinviai al lunedì. Nel pomeriggio, vedemmo il
Padre al solito posto, nel
matroneo in corrispondenza dell’altare maggiore.
Alla sera, il solito saluto alla folla che lo
invoca dal campo sottostante.
Domenica
22 settembre: e l’ultimo
giorno, il più denso per noi e, forse, il più
doloroso per lui, ma egli doveva passarlo con noi.
Al mattino, in sacrestia, dava segni di
prostrazione e chiedeva di celebrare la Messa
letta, come suo solito, invece l’obbedienza gli
impose la Messa cantata con organo e coro nel
matroneo. Padre Mariano che, secondo il programma,
lo doveva affiancare quale suddiacono, mi ha
raccontato la discussione che ne venne in sua
difesa, ma inutilmente. Padre Pio si fece
obbediente sino alla morte, come Cristo. Una
folla si assiepava in chiesa e sui matronei, ancor
più del giorno del 50°. Stavo al quinto
banco di fronte a lui: una Messa straziante, come
ancor oggi si può sentire dalla registrazione.
Voce fiacca, qualche lapsus, non riesce a
cantare, strapazza alquanto il prefazio, come pure
il Pater noster. Le stigmate non
ci sono più. Il suo viso sembra quello di un
novantenne. Per noi fu una Messa tutta in
sospensione. Ricordo il suo sguardo fisso sui suoi
figli, dopo la Comunione, sguardo quasi estatico
posato su di noi. Alla
benedizione ci fu un’ovazione: "Viva Padre
Pio", con applausi affettuosi, caldi, senza
fine. Al termine della Messa, rientrando in
sacrestia, è sul punto di cadere, ma viene
sorretto dalla robustezza di fra’ Giuseppe. Un
urlo si leva dalla navata. La sedia a rotelle lo
porta in sacristia e poi in cella, mentre egli va
dicendo: "Figli
miei, figli miei...". Nella
mattinata scende e confessa alcune persone. Un
altro episodio che ricordo di quella misteriosa
mattinata è la benedizione solenne dell’attuale
cripta. Io mormoravo amaramente: "Che gusto
inaugurare, anticipatamente, il monumento
funebre!...". Invece era gioco della
Provvidenza. Al
pomeriggio vi fu una grande cerimonia sul piazzale
della chiesa: su un grande palco, Don Giancarlo
Setti, direttore generale dei Gruppi di preghiera,
tenne un discorso. Vi fu la lettura del documento
della Congregazione dei Religiosi che esonerava
Don Setti, mentre i Gruppi
passavano sotto la direzione del Guardiano, padre
Carmelo da San Giovanni in Galdo. Infine, Via
Crucis, in varie lingue, e solenne benedizione all’incalcolabile
folla che gremiva lo spazio antistante.
Anche
noi come i discepoli di Emmaus
Alla sera si smobilita e gran parte dei presenti,
con pullman e macchine, parte. La notte, in
convento, qualche medico è coinvolto nel transito
di Padre Pio. Noi, al mattino, poco dopo le 4.30,
siamo in attesa, in coda, davanti alla due porte
della Basilica. Si prega e si attende il solito
orario di apertura del Santuario: le 4.45. Si
indugia, passa il tempo. Sono le 4.50, passano
le 5.
Ormai vi è un certo turbamento. Una donna
piange, dicendo che Padre Pio è morto: ma
chi le può credere? Che momenti! Vedo uscire
dalla quarta porta del Santuario, quella verso la
montagna, padre Innocenzo, il cappellano di Casa
Sollievo. Mentre lo avvicino, si girà ed una sola
parola esce dalla sua bocca: "Padre Pio è
morto". Rientro nel gruppo. Padre Pio è
morto. Le
parole per ridire quegli attimi, quei minuti, non
ci sono... Mi sono sentito nel vuoto assoluto,
nello spazio infinito, disperso per sempre come un
astronauta staccato dalla navicella spaziale,
destinato alla fine. Quanto è durato lo
smarrimento? Non lo so. Viene un lampo a rompere
il tragico incanto. Nella memoria irrompe luminoso
un ricordo che posso tradurre con le parole di
Gesù agli Apostoli, in occasione della sua
Ascensione al Cielo: "Io sarò con voi
sino alla fine" (Mt 28,20). Si,
Padre Pio me l’aveva fatta questa promessa. Egli
in Cielo era ancora amore e vita per me e per
ognuno dei suoi figli. Credo
di poter ripetere, come già accennato, che per
noi quel 23 settembre è alquanto rassomigliato al
Venerdì Santo dei discepoli. Basta ricordare i
discepoli di Emmaus.
|
Giovanotto,
cambiati la camicia!
Molti
erano i personaggi famosi che si recavano a
trovare Padre Pio. Un
giorno, un famoso tenore fu sorpreso dalla
moglie, mentre parlava al telefono con un’amica:
"Con
chi stavi parlando?". "Con
uno che vuole portarmi da Padre Pio", rispose
inventando una scusa. Per
non destare sospetti, dovette davvero recarsi a
San Giovanni Rotondo; non aveva però nessuna
intenzione di parlare al Padre, né tanto
meno di cambiare vita. "Non
credete mica che racconti i miei affari a quel
frate", diceva
ridendo a quelli che erano con lui. Ma poco
dopo, incontrando Padre Pio...
Giovanotto,
cambiati la camicia!", gli
disse il Padre. "Me
la sono messa nuova questa mattina", rispose.
"Non
intendo quella", ribatté
il Padre che lo prese per mano e si allontanò
con lui in giardino. Quando tornarono indietro,
il famoso personaggio era molto commosso. Da
allora cambiò vita e divenne un figlio
spirituale di Padre Pio.
|
Il
dolore fonte dell'amore
"La
Vergine Addolorata ci ottenga
dal suo santissimo Figliuolo di
farci penetrare sempre più
nel
mistero della croce ed inebriarci con Lei
dei
patimenti di Gesù" (Padre
Pio).
di
Padre Stefano M.Manelli, FI
Dal
dolore più grande, ossia la Croce, è scaturito l’amore
più grande. Bisogna ricorrere all’Addolorata
per ottenere la grazia del paUre.
Noi
chiediamo alla Madonna in le grazie di cui abbiamo
bisogno. Grazie di ogni genere, per noi e per gli
altri. Ella, infatti, molto significativamente, è
chiamata anche Madonna delle grazie e la
Chiesa, nella Liturgia, la celebra come Mediatrice
di ogni grazia, dal momento che Ella, Madre di
Gesù, ha fatto Gesù (cf Gai 4,4) e ci ha donato
Colui che è la sorgente stessa di .tutte le
grazie. Tra le molte grazie che chiediamo alla
Madonna, però, è ben difficile che venga chiesta
anche la grazia più importante e vitale, più
necessaria e preziosa: ossia, la grazia di saper
soffrire, la grazia di saper cogliere il valore
della sofferenza, la grazia di saper offrire ogni
sofferenza, e la grazia di saperci addirittura
"inebriare" della sofferenza. Padre
Pio ci raccomanda di chiedere proprio questa
grazia, e si rivolge egli stesso all’Addolorata
perché ce l’ottenga "dal suo santissimo
Figliuolo". Perché Padre Pio si rivolge
proprio alla "Vergine Addolorata"? La
risposta è semplice: perché se la Madonna è la
Mediatrice di ogni grazia e di tutte le grazie, l’Addolorata,
in particolare, è la Mediatrice della grazia del
patire, ossia della grazia che più ci conforma al
Redentore crocifisso, che più ci assimila a Lei,
la Corredentrice con l’anima trapassata dalla
spada (cfLc 2,35). All’Addolorata
Padre Pio chiede anzitutto la grazia di "penetrare
sempre più nel mistero della croce". Sappiamo
bene, noi, che la Croce è un mistero di dolore, e
per questo essa incute un istintivo timore, per
cui, lungi dal sentirci attratti, la rifuggiamo e
magari la respingiamo come una disgrazia. In tal
modo ci comportiamo da veri pagani. Se
comprendessimo, infatti, che la Croce è il
mistero del dolore, ma del dolore che genera l’amore,
che si trasfigura in amore, che diventa amore,
allora la guarderemmo e la stimeremmo ben
diversamente. La Croce, in verità,esprime
l’amore più grande di cui parla Gesù stesso
quando dice:
"Nessuno
ha amore più grande di colui che sacrifica se
stesso per gli altri" (Gv
15,13). È
soltanto abbracciando, portando e morendo sulla
Croce, che ciascuno realizza non l’amore
ordinario, ma "l ‘amore più
grande" (ivi), cioè l’amore stesso di
Gesù Redentore, che, come dice san Paolo, "mi
ha amato e ha immolato se stesso per me" (Gal
2,20), realizza l’amore stesso della Madre
Corredentrice, che sul Calvario ha coimmolato se
stessa con il Redentore per la salvezza di ogni
uomo.Se
si pensa a questo "amore più grande"
che la Croce ci dona, si capisce perché Padre
Pio fa chiedere all’Addolorata di penetrare nel
mistero della Croce fino a "inebriarci con
Lei dei patimenti di Gesù". Qui siamo
alla vetta del dolore, trasformato e trasfigurato
non soltanto nell’amore crocifisso, ma nell’ebbrezza
dell’amore crocifisso.
Non
è stata forse questa la vita di amore crocifisso
di Padre Pio assimilato all’Addolorata
Corredentrice, fino a inebriarsi "con
Lei dei patimenti di Gesù"?
|
I
segni dell'amore
divino
di
Pia Frani
Padre
Pio, dinanzi al dono mistico delle stigmate, si
sente coperto di confusione, al punto da
desiderare che gli sia tolto.
Mio
carissimo padre, [...J
Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi dimandate del
come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio,
che confusione e che umiliazione io provo nel
dover manifestare ciò che tu hai operato in
questa tua meschina creatura! Era la mattina del
20 dello scorso mese in coro, dopo la celebrazione
della santa messa [..J mi vidi dinanzi un
misterioso personaggio [...J che aveva le mani ed
i piedi ed il costato che grondava sangue.
[..]
La
vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi
che mani, piedi e costato erano traforati e
grondavano sangue. [...]
Toglierà [Gesù] almeno da me questa
confusione che io esperimento per questi segni
esterni? Innalzerà forte la mia voce a lui e non
desisterò dal scongiurarlo, affinché [...] ritiri
da
me non lo strazio, non il dolore perché [...]
io sento di volermi inebriare di dolore [...].
(Epistolario
I, pp. 1092-1095,
ed. 1992)
Questa
lettera, indirizzata a padre Benedetto, padre
spirituale del Santo del Gargano, risponde ad un
suo esplicito comando di raccontargli ciò che
accadde il 20 settembre. Padre Pio inizia la
lettera con una bellissima protesta di umiltà per
la confusione che prova perché costretto a
manifestare ad altri le grazie di Dio. Dopo aver
descritto il modo straordinario con cui Gesù
stesso lo ha insignito del dono della
stigmatizzazione, rivela, poi, al padre
spirituale, il grande dolore fisico che questi
segni comportano, ma, soprattutto, il dolore
morale che prova nel dover portare esternamente i
segni della sua Passione. Non è il dolore che
spaventa Padre Pio, anzi, di esso afferma di
volersi inebriare, ma è l’umiliazione che prova
nel dover mostrare a tutti il suo martirio. Per
questo implora dal Signore la grazia di potersi
nascondere agli occhi del mondo. Eppure, per ben 50
anni, il Signore non ascolterà la sua
preghiera e le sue stigmate rappresenteranno a
tutti l’immagine viva del Cristo
crocifisso. Tutti
quelli che andarono a San Giovanni Rotondo videro
le stigmate
di Padre Pio; soltanto pochi, però, ebbero il
privilegio di
baciarle. Molti di più, forse, fra Pio furono
quelli che non capirono in
profondità l’abisso del suo dolore. Un giorno,
un figlio spirituale chiese: "Padre, le
stigmate vi causano dolore?". "E che
pensi - rispose il Padre - che il Signore
me le abbia date come medaglie?". Le
stigmate, gli causavano dolori atroci, come lui
stesso confessò spesso, eppure non per questo
egli cessò mai di portare avanti il suo
apostolato. La sua vita fu simile a quella di un
uomo in perfetta salute, sempre gioviale,
disponibile, sorridente e scherzoso. Non mostrò
mai la sua sofferenza agli altri, anzi, agli occhi
del mondo sembrava quasi che non soffrisse
affatto. Pensandoci bene, invece, ogni passo, ogni
movimento gli causavano spasimi inimmaginabili.
Camminava su piaghe aperte, non su uno strato di
rose fresche! Quanto si ha da imparare: per
una malattia da poco ci si lascia abbattere,
divenendo insopportabili e scuri in volto, al
contrario dello stigmatizzato del Gargano che,
come disse ad una figlia spirituale, iniziò a
soffrire sin dal seno materno. Egli, dunque,
aiuti ciascun cristiano a sopportare le proprie
croci e sofferenze con il sorriso sulle labbra e
il cuore ricolmo di amore e di riconoscenza verso
Dio. |
Amore
alla Corredentrice
di
Cristina de Angelis
Padre
Pio dimostrava un affetto tutto particolare verso
la Madonna Corredentrice, che vedeva in tutta la
sua perfezione seguire il Figlio lungo la via del
Calvario.
Nel riflettere sulla Passione e morte di Gesù,
Padre Pio contempla, con occhi trasfigurati e
cuore amante, la Madonna tutta unita al Figlio
crocifisso. Sulla strada del Calvario, scrive
Padre Pio, "noi
vediamo venire immediatamente appresso a Gesù, la
nostra santissima Madre, la quale in tutta la
perfezione segue Gesù, carica della propria
croce". Negli
scritti dello stigmatizzato del Gargano, i
richiami all’Addolorata sono molto frequenti.
Anche in confessione, Padre Pio dava spesso, per
penitenza, la recita di sette Ave Maria all’Addolorata,
benché, talvolta, non riuscisse nemmeno a
terminare la parola Addolorata senza uno
scoppio di pianto. A Lei si raccomandava, sostando
con amore ogni
mattina, prima della Messa, davanti alla sua bella
immagine. Ad una figlia spirituale che gli chiese
"una parola" sull’Addolorata disse: "La
Vergine Addolorata non si diparta mai dalla tua
mente, ed i suoi dolori ti stiano stampati sopra
il cuore e lo accendano di amore, per lei e per il
suo Figliuolo". Questi
atteggiamenti e queste espressioni del Santo del
Gargano fanno trapelare la sua intima vita d’unione
con la Madonna Addolorata e la sublime carità che
nutriva verso di Lei, tanto da avere il dono della
partecipazione ai suoi dolori. Infatti, è stato
scritto che "Padre Pio ha penetrato i
dolori di Maria e li ha partecipati, ricopiati,
rivissuti; l’anima sua, come è stata fatta
partecipe dei dolori della pass io-ne, così ha
avuto il dono della partecipazione ai dolori di
Maria". E stata proprio questa sua unione
e partecipazione ai dolori di Maria il segreto che
l’ha unito perfettamente a Gesù crocifisso,
perché, come diceva luminosamente il venerabile
Allegra, "nessuno
può comprendere pienamente la Passione di Gesù
se non è attento alla compassione di Maria".
San
Pio, dunque, insegna, con la sua esperienza di
vita, che la devozione alla Corredentrice è
la
via regale e maestra per confontarsi a Gesù
crocifisso. Egli era convinto che la via
mariana non fosse soltanto una via di grazia,
ma la via stessa della salvezza "non
essendovi altra strada che a vita conduce, se non
quella battuta dalla Madre nostra"
(Epistolario I, p. 602).
Se Padre Pio, però, ha compreso e condiviso l’immensità
dei dolori della Madonna è perché ha rivissuto
in sé una non comune esperienza del dolore, sia
fisico sia morale: un vero martirio che, come
scrive egli stesso, "l'ha
pietrificato". Alla
sua scuola dobbiamo, dunque, conformarci a Gesù e
alla Madonna battendo la strada del Calvario e
sperimentando al vivo, nella nostra persona, la croce,
i chiodi, le spine. Non si può
dire, in effetti, di amare molto Gesù e la
Vergine Santa se, in realtà, si vuoi menare una
vita comoda. "In Paradiso non si va in
carrozza", disse ancora Padre Pio ad una
sua figlia spirituale. L’amore si prova nel
dolore. "Puro amore? Puro soffrire", ripeteva
santa Veronica Giuliani, stigmatizzata cappuccina.
Sulle
orme di san Pio si deve, dunque, accrescere la
propria devozione alla "cara Corredentrice",
come amava definirla il Santo. |
Padre
Pio stigmatizzato
di
Don Nello Castello
20
settembre 1918: Padre Pio riceve il
dono
delle stigmate. Crocifisso nell’anima
e
nel corpo per 50 anni, rivivrà la Passione
di
Gesù, unitamente alle sofferenze morali,
derivanti da tale fenomeno mistico.
A
San Giovanni Rotondo, uomini e donne di tutte le
condizioni, di tutte le razze, di tutte le età,
vedendo Padre Pio, hanno visto Gesù e si sono
convertiti, trasformati, hanno riscoperto il
cristianesimo e cambiato il corso della loro vita,
facendo del piccolo paese del Gargano un centro
mondiale di rinascita spirituale. Padre
Pio si era proposto di essere Gesù imitando l’umiltà
di Cristo, la carità di Cristo, la pazienza di
Cristo, facendo suoi i sentimenti di Cristo, lo
spirito di immolazione di Cristo, lo zelo di
Cristo. Egli aveva in mente di imitare Cristo per
poter intercedere a favore del prossimo: "A
meglio poi render pieghevole Iddio alle mie povere
preghiere mi sforzerò, colla divina grazia, di
essere un buon sacerdote religioso, da arrivare un
giorno a poter dire coll’ apostolo, senza tema
di mentire: Imitatores mei estote sicut et ego
Christi"
(Epistolario I, p. 556).
Ma Cristo stesso rese Padre Pio sua immagine
vivente col dono delle stigmate, che per cinquant’anni
furono segno radioso del suo sacerdozio. Documenti
e testimonianze provano e confermano che il
protagonista delle stigmate è Gesù stesso. Non
sono opera umana, ma un vero miracolo, un’irruzione
di soprannaturale prodotta da Gesù stesso in
pieno ventesimo secolo. Veramente nelle stigmate
di Padre Pio, Gesù ha potuto realizzare il suo
piano. Padre Pio ha potuto testimoniare l’amore
di Dio, l’amore gratuito, generoso, infinito di
Gesù e richiamare il genere umano ai piedi del
Crocifisso perché si stabilisca il contatto d’amore
tra il Crocifisso e l’uomo. Padre
Pio stesso dichiara che l’autore delle stigmate
è il Signore: è stato Gesù a piagarlo e a
trasformarlo in un altro Cristo crocifisso. In
data il marzo 1919 scrive: "Non
posso più vivere dopo che egli [il Signore] mi ha
così piagato e plasmato con tutto se
stesso"
(Epistolario III,
p.
887).
Gesù dunque, "il Signore", è "il
Misterioso Personaggio" che ha impresso le
stigmate su Padre Pio la mattina del 20 settembre
1918: "Mio
Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel
dover manifestare ciò che tu hai operato in
questa tua meschina creatura! Era
la mattina del 20 dello scorso mese in coro, dopo
la celebrazione della santa messa, allorché
venni sorpreso dal riposo simile a un dolce sonno.
Tutti i sensi interni ed esterni, non che le
stesse facoltà dell’anima si trovarono in una
quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu
totale silenzio intorno a me e dentro di me, vi
subentrò subito una grande pace ed abbandono alla
completa privazione del tutto e una posa nella
stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno.
E
mentre tutto questo si andava operando, mi vidi
dinnanzi un misterioso personaggio, simile a
quello visto la sera del S agosto, che
differenziava in questo solamente che aveva le
mani ed i piedi ed il costato che grondavano
sangue. La
sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell‘
istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo
morire e sarei morto se il Signore non fosse
intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo
sentivo sbalzare dal petto. La
vista del personaggio si ritira e io mi avvidi che
mani, piedi e costato erano traforati e grondavano
sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai
allora e che vado esperimentando continuamente
quasi tutti i giorni. La
ferita del cuore gitta continuamente del sangue,
specie dal giovedì a serafino al sabato. Padre
mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la
confusione susseguente che provo nell‘ intimo
dell’anima. Temo di morire dissanguato, se il
Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore
e col ritirare da me questa operazione. Mi farà
questa grazia Gesù che è tanto buono?
Toglierà
almeno da me questa confusione che io esperimento
per questi segni esterni? innalzerò forte la mia
voce a lui e non desisterò dal scongiurarlo,
affinché per sua misericordia ritiri da me non lo
strazio, non il dolore perché lo veggo
impossibile ed io sento di volermi inebriare di
dolore, ma questi segni esterni che mi sono di una
confusione e di una umiliazione indescrivibile e
insostenibile"
(Epistolario L pp.
1093-1094).
Gesù
aveva trovato finalmente un’anima di un’umiltà
abissale in cui poteva liberamente compiere le sue
meraviglie di grazia, una creatura da mettere sul
candelabro davanti al mondo per fame uno strumento
di misericordia, un segno di amore, un miracolo
permanente, una testimonianza per tutta la
religione cristiana. Quest’anima eccezionale era
Padre Pio. Fortunate,
allora, le moltitudini di uomini e di donne, che
nell’arco di cinquant’anni poterono accorrere
a San Giovanni Rotondo e contemplare ammirati il
miracolo delle stigmate di Padre Pio. A ragione
Paolo VI ha parlato di "clientela
mondiale", che ora si moltiplica di giorno in
giorno, ininterrottamente. Ma
questa grande popolarità significa che le
stigmate sono in fondo un messaggio celeste, che
afferma che Dio ha visitato di nuovo il suo popolo
e non lascia soli i suoi figli. |
Le
stimmate di Padre Pio: aspetto medico di
Massimo Buononato
Il
fenomeno mistico della
stimmatizzazione ha da sempre
destato interesse nei suoi
aspetti
medici. Diverse sono
le
teorie sorte intorno alle
cosiddette
"piaghe di Cristo": dall’auto-ipnosi
all’isteria, fino all’impossibilità
di fornire una spiegazione dal punto
di vista medico - scientifico.
Il
British
Journal of Medicine definisce le
stimmate come "piaghe di Cristo
che appaiono sul corpo". Tale
definizione, riportata sulla
prestigiosa rivista medica, proviene
da uno scienziato di posizione molto
lontana da quella che può essere l’interpretazione
teologica del termine
"stimmate". Tuttavia,
anche in medicina, in quella che
può essere un’interpretazione
strettamente scientifica, le
stimmate sono definite "piaghe
di Cristo" che appaiono sul
corpo. Possono includere vari
fenomeni e vari segni: da segni più
o meno eclatanti, quali il
sanguinamento, a segni decisamente
"impressionanti", come per
esempio buchi sulle mani e sui
piedi, lesioni sulla fronte o sulle
spalle, laddove, in realtà, ci
sarebbe stata una zona di contatto
rispettivamente con la corona di
spine o la Croce di Cristo; ancora
lesioni a livello del costato, che
sarebbero in relazione a ferite da
lancia. Per
quanto riguarda la letteratura scientifica, in un
articolo del 1894, dunque di circa un secolo fa,
si parla di una certa assimilazione. In
esso gli autori Imbert e Gourbeyre, riportano
tutte le segnalazioni degli stimmatizzati dall’epoca
di san Francesco, ritenuto il primo stimmatizzato,
all’anno (1894) in cui fu pubblicato il lavoro
stesso. Già a quell’epoca erano censiti 321
stimmatizzati, di cui 41 uomini e 280 donne. Le
nazioni in cui erano più diffuse queste
segnalazioni erano, nell’ordine, l’Italia, la
Francia, la Spagna, la Germania, il Belgio,
il
Portogallo, la Svizzera, l’Olanda, l’Ungheria
e il Perù. Che
cosa. ha, pensato in genere la scienza medica dal
1224 ad oggi sulle stimmate? In
ambito medico - scientifico sono sorte varie teorie.
Una delle più antiche è quella dell’autolesionismo:
si riteneva cioè che le stimmate potessero
essere dovute a lesioni che l’individuo si
provocava. Al contrario, nell’ambito dei
meccanismi psicologici, due sono le ipotesi
più frequentemente riportate per spiegare le
stimmate: quella dell’ipnosi e quella dell’isteria.
Successivamente si è parlato di un modello
psichiatrico, in cui si pone in discussione la
presenza
di una malattia all’interno del cervello (siamo
all’inizio del secolo 1900). Il neurologo
Babinsky, aveva cercato di spiegare l’isteria
nell’ambito delle conoscenze attuali. Egli aveva
impostato il discorso su un modello psichiatrico,
non ritenendo più le stimmate una malattia all’interno
del cervello, ma qualcosa che implica il
coinvolgimento della sfera rappresentativa
emozionale (psico-mito/plastia). Successivamente,
nel 1926, Janet modifica questa visione e presenta
un modello in cui l’aspetto psicodinamico è
ancora più importante e si parla appunto di una
cosiddetta tensione psichica. Segue il modello
psicoanalitico, che passa per Freud fino a
giungere alle teorie più moderne che danno un
risalto importantissimo al comportamento: si
arriva così al cosiddetto modello
comportamentista (Pavlov, 1912 - Watson, 1925)
che riconduce il discorso ad una risposta allo
stress di tipo generalizzato e disorganizzato.
Queste
premesse servono ad attestare la ricerca continua
da parte di tutti quelli che si sono interessati
alle stimmate, nel tentativo
di trovare una soluzione scientifica al quesito.
Nel momento in cui, però, si va a ricercare una
spiegazione che sia esclusivamente nell’ordine
di un momento psicodinamico, per lesioni,
attestate da fotografie, quali possono essere le stimmate,
evidentemente la scienza non è in grado di
fornire una spiegazione immediata e
omnicomprensiva.
Le
stimmate di Padre Pio.
Sono
numerose
le relazioni mediche pervenuteci riguardo alle
stimmate di Padre Pio: quella del prof. Romanelli,
del prof. Bignami, del dott. Festa, ecc., fino a
quella relativa alle ultime ore della sua vita,
quando fu assistito dal suo medico curante che,
all’epoca, era il prof. Sala. Le
stimmate di Padre Pio sono rimaste irrisolte per
almeno due anni. Erano comparse nel 1918; nel 1966
erano del tutto scomparse al costato e ai piedi;
nel 1968 scomparvero dal dorso delle mani e, dieci
minuti dopo la sua morte, anche dal palmo delle
mani. Come
spiegare questa realtà secondo la scienza
medica? Le stimmate non sono classificabili da
un punto di vista meramente patologico-clinico:
tutti gli elementi che abbiamo a disposizione
ci permettono di giungere a questa
conclusione, in quanto tali lesioni non sono
riconducibili al nostro sistema di analisi e
categorizzazione nosologica. Le
lesioni atipiche delle stimmate di Padre Pio hanno
caratteristiche non classificabili assolutamente
in base alle nostre conoscenze, cioè alle usuali
leggi fisiopatologiche che regolano
normalmente i processi morbosi, scientificamente
noti e recepiti. Quando
si ha una ricezione universale, questa diventa
scienza: prima è solo un’ipotesi. E pur vero
che la scienza è diventata tale partendo dalle
ipotesi, ma non può essere acquisita l’ipotesi
come fondamento scientifico prima della necessaria
acquisizione di dignità. Pertanto
le ipotesi esplicati-ve di natura psicobiologica
sinora formulate, non essendo metodologicamente
verificabili, sono tutte scientificamente
contestabili e le stimmate restano classicamente
non inquadrabili nel "corpus
dottrinale medico".
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Il
pericolo della tiepidezza
di
Pia Frani
Una
delle malattie dell’anima più comuni è la
tiepidezza che, se non viene subito debellata con
un forte impegno nell’amore, può anche divenire
fatale.
Mia
sempre carissima figliuola,
[...]
Dio
può rigettare tutto nella creatura, ma non può
rigettare il desiderio sincero di volerlo amare.
Il tuo stato non è di un ‘anima tiepida, ma di
un ‘anima che ama e molto ama senza saperlo.
Gesù è tuo e nessuno te lo potrà togliere. Se
non puoi accertartene per queste e altre ragioni,
credi almeno a te stessa.
[..] Calmati dunque e tranquillizzati e non
fare la capricciosa col dare ascolto a quanto ti
suggerisce la tua fantasia in cui potentemente ci
soffia satana, ma acquietati a quanto ti dice l’autorità
in nome di Dio [..]
Padre
Pio, cappuccino (Epistolario III, p.447 -448 Ed
1994)
Assunta,
cui è indirizzata questa lettera di Padre Pio,
temeva di essere caduta nella tiepidezza, ma Padre
Pio la rassicura sul suo stato spirituale
affermando che, grazie a Dio, è ben lontana da
essere un'anima tiepida. La
tiepidezza è una malattia spirituale da temere e
da evitare, alimentando sempre in noi la fiamma
del fervore e dell’amore. E lo stato di cui
parla san Giovanni nell’Apocalisse, quando
scrive alla Chiesa di Laodicea: «Conosco le
tue opere: tu non sei né freddo né caldo [..]
Ma poiché sei tiepido, [..] sto per
vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,16). L’anima
tiepida, infatti, non è calda, perché non
possiede in sé l’amore di Dio e del prossimo,
ma, nello stesso tempo, non è nemmeno fredda,
cioè, peccatrice indurita e recidiva. E un’anima
che si contenta di stare abbastanza bene e non si
preoccupa di migliorare la sua condizione per
raggiungere le vette della perfezione. E come una
pozzanghera che, contenta dell’acqua che ha
raccolto, se ne sta tranquilla e ferma senza
preoccuparsi che quell’acqua dopo un pò di
tempo diventerà putrida e fetida. Allo stesso
modo l’anima tiepida diventerà putrida e, con
il passar del tempo, non riuscirà a tenersi
nemmeno quel poco di bene che avrà accumulato,
dato che nella vita spirituale, come dicono tanti
Santi, il non andar avanti è già un tornare
indietro. Luminoso,
a questo proposito, può essere l’esempio di
santa Giacinta Mariscotti che, entrata in convento
senza nessuna intenzione di santificarsi, vi
condusse per anni una vita mondana e dissipata.
Fulminata un giorno dalla grazia, si convertì e,
abbandonato ogni compromesso, cominciò, a
condurre una vita perfetta e osservante che la
portò in breve alla più perfetta santità!
Voglia
il Signore che anche noi, abbandonata ogni
pigrizia e tiepidezza, ci infervoriamo talmente di
amor di Dio da diventare presto santi, a sublime
somiglianza di Maria Santissima, il cui Cuore
ardeva sempre di amor di Dio senza mai diminuire e
consumarsi, tanto che fu paragonata da san
Giovanni Eudes al roveto ardente di Mosé!
«Mentre Ella era su questa terra - scrive il
Santo - il suo cuore era così ardente d’amore
di Dio che le fiamme del sacro fuoco avrebbero ben
presto consumata la sua vita corporea se Dio non l’avesse
miracolosamente conservata alla vita». Sia
così anche il nostro cuore, su questa terra e per
l’eternità!
L’umana
debolezza
di
Padre Stefano M.Manelli, FI
«Se
Iddio ti lascia cadere in qualche debolezza non è
per abbandonarti, ma solo per stabilirti in
umiltà e renderti più attenta per l’avvenire»
(Padre
Pio).
Il
Signore ci lascia fare l’esperienza dura delle
nostre miserie per radicarci più profondamente
nell’umiltà.
La
conquista della virtù dell’umiltà non è né
facile né semplice senza un aiuto speciale di
Dio. La lotta contro l’orgoglio è una lotta
dura, a tutto campo. La radice primaria del
peccato d’origine - non dimentichiamolo- è
stata la superbia seguita dalla ribellione.
La
«superbia della vita»,
insegna san
Giovanni Evangelista, infesta il mondo intero, l’umanità
intera (cf lGv 2,16).
Per
diventare umile, all’uomo spesso non resta altro
mezzo che l’esperienza dura e amara della
propria debolezza nelle cadute e nelle infedeltà.
L’ambizione e la presunzione molto spesso
ingannano e fanno credere di essere capaci e di
riuscire laddove non si può riuscire senza la
grazia che sostenga. E'
allora che Dio interviene e «lascia cadere in
qualche debolezza», dice Padre Pio ad una
figlia spirituale, così da far toccare con mano,
a proprie spese, la fragilità e l’impotenza di
cui si è impastati come figli di Adamo, originati
dal fango tra le mani di Dio (cfGn2,7).Se
Dio permette la caduta «in qualche
debolezza», però, non è per danneggiare l’anima,
ma, al contrario, è solo per richiamarla a
salutare ravvedimento cosicché impari a non
confidare più in se stessa, ma unicamente e
interamente in Colui che opera in noi «il
volere e il potere», come insegna san Paolo
(cfEf3,13). Ecco
perché, se Dio ritira la sua grazia facendo
sperimentare all’anima la sua debolezza e
impotenza, spiega Padre Pio alla figlia
spirituale, «non
è per abbandonarti, ma solo per stabilirti in
umiltà e renderti più attenta per l’avvenire».
Quante
volte, in realtà, Dio deve farci sperimentare e
toccare con mano la nostra fragilità per
mortificare la presunzione, figlia dell’amor
proprio e della ricerca del proprio io, che spinge
all’affermazione di sé indebita e fuori posto!
Basti
qui ricordare l’esempio di san Pietro Apostolo,
che presumeva con baldanza di poter essere fedele
al Signore fino alla morte, mentre poche ore dopo
finì col misconoscere e rinnegare Gesù davanti
ad una serva (cfMt26,72). Quella brutta caduta,
seguita dallo sguardo di Gesù, spinse san Pietro
all’umile pianto, e la tradizione vuole fosse
così lungo e intenso che le lagrime gli scavarono
due canaletti sotto gli occhi.
Dinanzi
al Tabernacolo
di
Pia Frani
Gesù
ha voluto rimanere nelle Specie eucaristiche per
farci gustare la sua compagnia.
Mia
sempre carissima figliuola, [..].
Se
non ti è concesso di poterti trattenere a lungo
in preghiera, in letture, ecc., non devi per
questo sconfortarti. Finché avrai Gesù
sacramentato ogni mattina, devi stimarti
fortunatissima. Nel
corso del giorno, quando non ti è permesso di
fare altro, chiama Gesù, anche in mezzo a tutte
le tue occupazioni, con gemito rassegnato dell’anima
ed egli verrà e resterà sempre unito con l’anima
mediante la sua grazia ed il suo santo amore. Vola
con lo spirito dinanzi al tabernacolo, quando non
ci puoi andare col corpo, e là sfoga le ardenti
brame e parla e prega ed abbraccia il Diletto
delle anime meglio che se ti fosse dato di
riceverlo sacramentalmente. [..]
Padre
Pio, cappuccino (Epistolario III, p.447 -448 Ed
1994)
Chi
potrà mai comprendere pienamente il mistero d’amore
dell’Eucaristia? San Giovanni, il discepolo
prediletto, quando dovette scrivere nel suo
Vangelo il racconto dell’Istituzione dell’Eucaristia
non trovò parole migliori di queste per farci
capire il mistero di questo Sacramento: «[...]
dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò
sino alla fine»
(Gv 13,1). L’Eucaristia è solo e
soprattutto amore. Gesù non ci ha lasciato un suo
ricordo, una reliquia, ma è rimasto Egli stesso
su questa terra e vi rimarrà fino alla
consumazione dei secoli. Non gli è bastato morire
per noi, ma ha voluto che ogni uomo potesse, già
su questa terra, pregustare la gioia, la dolcezza,
e la felicità della sua compagnia sotto le Specie
eucaristiche. Padre Pio diceva spesso: «Se gli
angeli potessero invidiare, ci invidierebbero la
Santa Comunione». Essi, infatti, pur stando
in Paradiso, non potranno mai ricevere Gesù
sacramentato come, invece, è concesso all’uomo.
Sublime
mistero d’amore! Un Dio che si fa pane per farsi
assimilare da noi. Subito dopo la Santa Comunione,
noi non esistiamo più; la nostra vita è tutta
assorbita da Gesù, diventiamo Tempio vivo di Dio,
più sacri del Tabernacolo e della sacra Pisside!
Se credessimo che Gesù è davvero presente vivo e
vero nell’Eucaristia, lo riceveremmo forse con
tanta superficialità? Se dovessimo ospitare a
casa nostra un personaggio importante, non ci
preoccuperemmo, forse, di rendere la nostra casa
pulita e ordinata? Perché allora non pensiamo che
nell’Ostia è Dio stesso che viene in noi, che
entra nel nostro cuore? Preoccupiamoci di rendere
la nostra anima pura e senza macchia con la
Confessione sacramentale e non commettiamo mai il
terribile sacrilegio di riceverlo in peccato
mortale. Dopo
aver ricevuto Gesù, poi, perché non gli teniamo
compagnia nel nostro cuore? E come se un amico
venisse a farci visita e noi non ci curassimo
minimamente di lui. Come dovrà sentirsi Gesù in
quei quindici minuti che dimora nel nostro cuore?
Proponiamoci,
da oggi in poi, di preparare a Gesù un trono d’amore
nel nostro cuore, chiamando Maria Santissima
insieme a tutto il Paradiso e in loro compagnia
adoriamolo presente in noi, ringraziandolo di
tanti benefici che ci ha concesso, magari
recitando una corona del Santo Rosario, come
facevano san Pio da Pietrelcina e tanti altri
Santi. |
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